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Visco ci ha ricordato che Draghi non ha la bacchetta magica

Angelo De Mattia
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Ci voleva il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, per ricordare che Mario Draghi non ha la bacchetta magica. Non è immaginabile, infatti, che dall’oggi al domani – quasi si trattasse di un’opera del mago Houdini – si realizzi un “mix”, come tutti vorremmo in un sogno, di misure al più alto livello anti-crisi e per la prosecuzione nonché l’intensificazione di quelle già vigenti. Il credito di cui Draghi gode a livello europeo e internazionale è solido e diffuso. È difficile che si possa pensare che egli abbia mutato posizione in maniera molto significativa rispetto alla linea sostenuta ai più alti livelli del mondo istituzionale, nonché di quello bancario, finanziario ed economico. È una reputazione che si forma e si irrobustisce negli anni e che circoscritti incidenti di percorso non intaccano in maniera sostanziale.

Tuttavia, nelle Cancellerie estere, nelle istituzioni europee e internazionali, nei mercati, tra gli investitori e i risparmiatori si guarda anche, e soprattutto, alle politiche che ora si promuovono, alla loro affidabilità, al futuro che esse, nella necessaria stabilità, delineano, al modo in cui formule interessanti, per esempio quella del “debito buono” e del “debito cattivo”, si sciolgono in misure concrete e aggreganti; soprattutto, si osserva la capacità di tenere insieme, individuando punti di convergenza non effimeri ma produttivi di risultati di sviluppo dell’economia e di attenzione agli aspetti sociali, posizioni e aspirazioni di partiti, nella costituenda maggioranza, che hanno visioni e promuovono politiche contrapposte.

Decisivo sarà, più in particolare, il percorso, che Draghi è chiamato a promuovere, delle riforme di struttura, del loro avanzamento, prima ancora, del modo in cui i relativi progetti saranno accolti in Parlamento e dalle parti sociali. Cruciale sarà il Recovery Plan. Fra le riforme non potranno mancare misure per il credito e il risparmio. Insomma, di fronte a un generale “favor” che si manifesta nei confronti dell’ex presidente della Bce, il quale merita sostegno, dovrebbe quasi esservi la figura dell’“avvocato del diavolo” - il “promotor fidei” – che temperi, proprio in nome dell’assenza della bacchetta magica, alcune gigantesche aspettative che si vanno formando e che non considerano le forze in campo nonché la durezza del percorso da affrontare. Si deve riuscire nell’impresa, ma è bene che ci si renda conto che ciò non è facile, non è garantito e che saranno necessarie coesione sociale e coesione politica: quest’ultima assai più difficile della prima. Ma aprire bene gli occhi potrà servire a evitare quel tipo di applausi plebeistici che poi si trasformano in urli di contestazione al non verificarsi di enormi aspettative pessimamente concepite. Ci si guardi dai “plauditores” a prescindere. Un punto importante sarà verificare come Draghi, nel programma di governo, trarrà ispirazione dagli insegnamenti, che oggi tutti ricordano, del suo Maestro Federico Caffè, in particolare per l’area del contrasto della povertà. I richiami e le citazioni non sono un fiore all’occhiello; debbono avere un seguito di operosa coerenza, che Draghi certamente non mancherà di dare.   

 

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