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Governo, il silenzio di Mario Draghi e la tensione dei partiti sui ministri: la lista al buio

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Un rigoroso silenzio che fa salire alle stelle la tensione nei partiti. Il premier incaricato Mario Draghi, chiuse le consultazioni ieri sera alla Camera, sparisce dai radar. E' atteso a Montecitorio per tutta la giornata, ma il professore lavora alla squadra e al programma lontano da palazzi della politica. Pertanto, senza coinvolgere i leader delle forze politiche che hanno dichiarato fedeltà a 'Super Mario'. L'ex governatore della Bce passa la mattinata nella sua residenza romana per poi spostarsi nei suoi uffici in Bankitalia nel pomeriggio. Una mossa quasi scontata, lì Draghi ha tutti gli effetti personali e una riservatezza che le mura di palazzo Koch gli hanno sempre garantito.

 

 

Inoltre le ore passate nei suoi vecchi uffici non sono state certamente infruttuose. Dalla squadra guidata da Ignazio Visco, di fatto, potrebbero uscire almeno due nomi: quello di Daniele Franco e Luigi Federico Signorini. Personalità di peso - a cui potrebbe essere affidato il Mef e la casella di sottosegretario alla presidenza del Consiglio - che non devono tuttavia indebolire l'istituzione. Per questo nella fase di stesura della lista dei ministri, Draghi - secondo i rumors parlamentari - si è confrontato con i vertici di Banca d'Italia per poi tornare nella sede della Camera. "Ci vediamo domani", con queste parole il presidente del consiglio incaricato si era congedato dallo staff di Montecitorio che lo ha seguito in questi giorni di consultazioni, attesa che è stata soddisfatta solo nel tardo pomeriggio, quando si era chiuso il voto degli iscritti su Rousseau. Un risultato che dà al professore il sostegno del Movimento 5Stelle, ma non senza le riserve di un voto che non è stato un plebiscito e che molto probabilmente avrà i suoi effetti numerici in Parlamento (59,3 sì e 40.7% no). La Lega, infatti, non si lascia scappare l'analisi nuda e cruda: "Nonostante i sì di Grillo, Conte, Di Maio e Crimi il Movimento si è diviso. In questa situazione è ancora più importante il ruolo della Lega e di Forza Italia", trapela da fonti del Carroccio. Un modo per alzare la posta dei due partiti che avranno un peso diverso in caso di frattura tra i pentastellati .

Un lavorio silenzioso e riservato, quello di Draghi, che fa scattare, infatti, nei potenziali azionisti politici di questo nuovo esecutivo lo scenario più temuto: sarà un governo a scatola chiusa. "Nessun contatto" con il premier incaricato, confermano diverse fonti politiche dal Pd alla Lega, fino ai 5Stelle. Il ragionamento è semplice, spiegano diverse voci parlamentari: "ogni partito ha dato la sua rosa di nomi, Draghi comunicherà chi ha scelto e dove lo ha collocato". Nessun confronto, nessuna trattativa, anche perché il mandato all'uomo del "whatever it takes" è stato delineato dal Colle e, confessano quasi sottovoce, "inutile sarebbe forzare la mano, non è la persona giusta per farlo".

Un esecutivo con la massima fiducia possibile del Parlamento "che non debba identificarsi con alcuna formula politica", aveva detto il capo dello Stato, Sergio Mattarella, prima di conferire l'incarico a Draghi. E così sarà. I partiti dovranno insomma prendere o lasciare e per chi oggi conferma la fiducia incondizionata, come Nicola Zingaretti e Matteo Salvini, fino allo stesso Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio, sarà difficile dire di no. E se ormai appare sempre più chiaro che la lista dei ministri sarà prevalentemente formata da tecnici, con pochi politici a guida di ministeri e una più ampia platea di vice legati ai singoli partiti, altrettanto chiaro è che sui nomi continua a muoversi la girandola, senza certezza alcuna. Enrico Giovannini - già ministro, ex presidente Istat e attuale portavoce dell'Asvis, l'Alleanza italiana per lo Sviluppo sostenibile - e di Federico Testa, presidente di Enea, potrebbero ricoprire l'incarico di numero uno del ministero della Transizione ecologica. New entry per questo ruolo anche Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont. Per il Mise salgono le quotazioni del professore Carlo Cottarelli, ma anche del manager Vittorio Colao. Alle forze politiche - qualora fossero confermati i tecnici all'Interno (Lamorgese), Giustizia (Cartabia o Severino), Esteri (Belloni e Dassù) e Istruzione ( Bianchi,) - rimarrebbe davvero poco.

Quello che circola in ambiente parlamentari è che Draghi avrebbe chiesto due nomi, uno maschile e uno femminile, su cui lui stesso sceglierà per profilo e competenza.

Resta poi l'incognita di quando il premier incaricato salirà al Colle per sciogliere la riserva e proporre a Mattarella i ministri. Domani mattina dovrebbe esserci un Cdm, presieduto dal dimissionario Giuseppe Conte, per prorogare lo stop tra regioni, nell'ambito delle misure a contrasto del Coronavirus. Una riunione che sarà fissata in accordo con lo stesso Draghi, trapela da fonti di governo. È presumibile quindi che il premier incaricato salga al Quirinale non prima di mezzogiorno, permettendo così il giuramento del nuovo esecutivo già nel pomeriggio di domani. E a seguire nella stessa giornata la cerimonia della Campanella. Non escluso anche il secondo scenario: scioglimento della riserva nel pomeriggio di domani e giuramento nel salone delle Feste sabato con successivo passaggio di consegne con Conte a palazzo Chigi. Esclusa definitivamente la possibilità che Draghi chieda la fiducia a Camera e Senato nel week end. Appuntamenti che slitteranno a inizio della prossima settimana.

 

 

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