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Conte ter a rischio. Adesso Giuseppi trema davvero

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Sono ore di attesa, a palazzo Chigi e nei corridoi del Parlamento. Perché la sensazione che si prova è che nessuno sia pronto a scoprire le carte. Giovedì il Pd, venerdì pomeriggio il M5s, saranno da Mattarella, indicando ancora il nome del premier, «punto di equilibrio» per i dem, «unico nome di garanzia» per i pentastellati, per un governo con una maggioranza più ampia ed europeista, quel modello di «salvezza nazionale» lanciato dallo stesso Conte mentre Italia Viva non si sbilancia: «Se Mattarella dovesse chiedere se siamo disposti a un Conte Ter? Risponderemo che a qualunque presidente del Consiglio presenteremo le nostre richieste», spiega Ettore Rosato.

 

Resta il problema dei numeri ed è, per Conte, un problema enorme, perché le trattative per consolidare la maggioranza dopo lo strappo dei renziani vanno avanti da giorni senza dare garanzie. Al Senato si è costituito il gruppo Europeisti-Maie-Centro democratico, ma tutti e dieci gli esponenti avevano votato la fiducia a Conte: il che significa che al netto del valore politico della formalizzazione del nuovo gruppo a sostegno del premier non cambiano gli equilibri, per ora. Chi lavora all’operazione, Bruno Tabacci in testa, guarda con insistenza a Forza Italia, che al momento appare compatta ma non sono perse le speranze su un paio, forse tre nuove uscite dopo quella di Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin. I nomi che circolano sono gli stessi da giorni: Luigi Vitali, Anna Carmela Minuto e Laura Stabile. E poi si lavora ancora sugli Udc Paola Binetti e Antonio Saccone, con il presidente Antonio De Poli che frena: «Noi ci tiriamo fuori da questi giochi e come forza di Centro nel Centrodestra auspichiamo un Esecutivo solido che porti l’Italia fuori dalla crisi». Anche gli esponenti di Cambiamo! Massimo Berutti, Gaetano Quagliariello e Paolo Romani smentiscono «categoricamente ogni coinvolgimento nella formazione di nuovi gruppi parlamentari al Senato».

 

Mentre il tentativo di spaccare Italia Viva, dopo giorni di insistenza, sembra ormai fallito. Ma del resto con i numeri attuali, allargare la maggioranza significa riportare dentro il gruppo dei renziani e lo stesso Renzi: una mossa su cui è caduto il veto del Pd e che ha dovuto mandar giù anche Giuseppe Conte, conscio di non avere molte alternative. «Noi continueremo a testa alta a parlare di contenuti, se altri parlano di poltrone non è un nostro problema», insiste il fiorentino che continua a indicare alcuni punti - dal Recovery al Mes passando per la scuola - come imprescindibili e giovedì sarà al Colle con la delegazione di Italia viva per ribadirlo a Mattarella, sia pur senza mettere veti sul nome di Conte che però, chiarisce ancora Teresa Bellanova, «non è l’unico in campo».

Il rientro di Renzi rischia però di creare nuovi problemi spaccando i cinquestelle, con l’ala vicina ad Alessandro Di Battista fortemente contraria. E le voci su un’ipotesi Di Maio premier vengono bollate come un tentativo di dividere i pentastellati: «Tirano in ballo il mio nome col chiaro intento di mettermi contro il presidente Conte - assicura il ministro degli Esteri durante una riunione con i suoi - Sanno benissimo che sto lavorando fianco a fianco con lui, con la massima lealtà, per trovare una soluzione a questa inspiegabile crisi». Ma non basta a cancellare le preoccupazioni dell’avvocato. Anche perché a destra Salvini incalza: «Noi a Mattarella diremo no a questo mercato delle vacche e no a un reincarico a Conte. Quando non ci sarà più quel signore a palazzo Chigi ragioneremo del resto».

 

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