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Crisi di governo, l'ultimo errore del Pd. Si affida ai costruttori e rottama Renzi

Riccardo Mazzoni
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In queste ore di frenetica fibrillazione politica ha quasi dell’incredibile la poderosa mobilitazione in corso per salvare il generale Conte e, con lui, il peggior governo della storia repubblicana. Non sorprende che di questo Risiko sulla pelle del Paese sia complice silente il Quirinale, con un atteggiamento tartufesco coperto dall’aplomb istituzionale, perché già l’appello ai “costruttori” nel messaggio di fine anno era in tutta evidenza un altolà alle manovre renziane, e non a caso ora gli ex vituperati voltagabbana, poi assurti nel tempo al rango di responsabili, vengono addirittura nobilitati proprio col termine “costruttori” coniato da Mattarella per indicare la strada della responsabilità contro gli avventurismi. Quando si dice il caso. Che poi il peggior avventurismo sia proprio la riesumazione di una maggioranza decotta con l’innesto dei vietcong di Mastella, è una considerazione che passa in secondo piano rispetto alla volontà della sinistra di mettere definitivamente alla porta Renzi e il renzismo, considerati dalla nomenklatura rossa come un’eresia provvisoria anche ai tempi favolosi del 41 per cento delle Europee. Mattarella assente compiaciuto, perché i rapporti col Rottamatore, che pure fu l’artefice della sua ascesa al Colle, sono da anni ai minimi termini dopo il via libera al governo Gentiloni.

Nulla di sconvolgente, perché anche i capi dello Stato hanno un cuore politico – che da Scalfaro in poi batte a sinistra - e le crisi politiche sono da sempre il momento giusto per consumare le rese dei conti, e questa non fa certo eccezione. L’uso delle truppe cammellate per modificare alleanze e assetti di governo non è dunque una novità, e anche i rigidi paletti posti dal nuovo regolamento del Senato per la costituzione dei gruppi sono un ostacolo già brillantemente superato grazie al Maie, che ieri ha costituito la componente “Maie-Italia 23” come contenitore di “costruttori” con il premier indicato come esplicito punto di riferimento politico.

Ma i numeri restano comunque ballerini, perché Salvini da ora a martedì non starà certo a guardare - ed è probabilmente per questo che, oltre al Quirinale, in soccorso di Conte si sta muovendo in modo febbrile anche l’altra sponda del Tevere, attraverso una fortissima pressione delle alte gerarchie vaticane sull’Udc – che però sta strenuamente resistendo - perché metta i suoi tre senatori a disposizione del progetto che dovrebbe formare l’embrione di “Insieme Con Te”, il partito nuovo di zecca dell’avvocato del popolo. Che nascerebbe dunque, se non proprio col sigillo papale, sicuramente con la benedizione della Curia romana, che si era già prudentemente mossa quando, prima dello scoppio della pandemia, il Conte bis sembrava sull’orlo dell’implosione dopo pochi mesi di vita. Che il premier possa contare sulla benevolenza del cardinale Parolin, segretario di Stato vaticano, non è del resto un mistero. 

Semmai, il mistero più gaudioso di questa crisi si cela in stanze molto meno alte e meno sacre, ossia quelle del segretario del Pd, che per liquidare Renzi si è legato mani e piedi a Conte, restituendogli a tutti gli effetti l’improbabile ruolo di punto di riferimento dei progressisti. E’ uno dei tanti paradossi di questo passaggio da bassa Repubblica: Giuseppi, il premier europeo più vicino a Trump, che gli mise a disposizione perfino i nostri servizi segreti per il Russiagate, investito della missione salvifica di impedire agli amici di Trump di prendere il potere. E’ il trionfo del tafazzismo, altro che trasformismo.

Eppure Renzi, che nelle ultime settimane si era fatto carico di cingere d’assedio il premier con critiche condivise un po’ da tutti nella coalizione, durante la conferenza stampa dello strappo si era premurato di rompere chirurgicamente solo con Conte, facendo capire a Pd e Cinque Stelle che sarebbe convenuto a tutti liberarsene, e che con un nuovo inquilino a Palazzo Chigi l’alleanza si sarebbe ricomposta in cinque minuti. I grillini non hanno più né capo né coda, e non potevano rispondere, ma il Pd avrebbe potuto cogliere la palla al balzo, e invece ha preferito rottamare il Rottamatore affidandosi ai “costruttori” e prefigurando un’alleanza comico-strategica con ciò che resta del grillismo, con Mastella e col partito di Conte. Un capolavoro alla rovescia, visto che per gli ultimi sondaggi il centrodestra vincerebbe con tutte le combinazioni possibili contro la resistibile armata rossogialla. Con un piccolo ulteriore dettaglio: se Conte si presenta alle prossime elezioni col suo “Insieme”, il Pd scende al 13 per cento. Una disfatta storica, che porterebbe il maggior partito della sinistra sulle orme disastrose del Ps di Hollande, che almeno però è stato fagocitato da Macron. Zingaretti invece sta consegnando la gloriosa tradizione del Pci a Giuseppi il trumpiano.

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