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Rischio Troika ed elezioni anticipate, Mattarella sa ma tentenna

Luigi Bisignani
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Caro direttore, dubito ergo sum. Sergio Mattarella, il Presidente Tentenna, è assalito da dubbi che gli hanno rovinato il Natale: uno di carattere costituzionale, l’altro economico, visto che per Bruxelles le risorse del Recovery Fund realmente utilizzabili sono circa 110 miliardi di euro e non 209. Gli interrogativi che vagano nei corridoi della Manica Lunga del Quirinale sono fondamentalmente due: fino a quando può continuare questa assurda accozzaglia di governo senza andare alle elezioni? E poi, dal momento che i numeri messi sul tavolo dal Mef non sono veri, l’Ue boccerà clamorosamente la manovra italiana e ci manderà la Troika? 

Il Capo dello Stato sa che non può più tergiversare. Finché c’era un’alleanza che reggeva e un Premier in qualche modo sopportato, se non supportato, poteva anche far finta di nulla, ma ora che la maggioranza si va via via sgretolando, dalla Tav alla delicatissima questione dei Servizi di sicurezza, è ora di agire. Ma c’è un altro tema delicatissimo che viene sottoposto all’attenzione del Capo dello Stato in vista del nuovo settennato: può questo Parlamento eleggere il Presidente della Repubblica con una rappresentanza che non rispecchia più gli equilibri del Paese? Basti pensare al crollo del Movimento 5 Stelle dal 32,7 al 14 percento e all’esplosione di Fratelli d’Italia dal 4,3 al 16 percento. Mattarella rischia di esser ricordato, nelle cronache costituzionali, come il Presidente che - incurante dell’esito del referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari - ha voluto ad ogni costo forzare le Camere, ormai delegittimate, a trascinare la Legislatura fino al «semestre bianco», in spregio a dinamiche non più conformi alla Costituzione, pur di assicurare, sempre e comunque, la fiducia ad un Governo, a sua volta privo di ogni investitura e quindi non più espressione della sovranità popolare. La scusa della pandemia non regge più visto che si vota dagli Stati Uniti a Israele.

Inoltre, una nota riservata giunta da Bruxelles mette sotto accusa i conti della coppia Conte-Gualtieri. Ipotizzando anche i 209 miliardi totali, il Governo ne ha già utilizzati oltre 75 per i suoi bonus pot-pourri e i suoi «ristori». Il Governo pare intenzionato a fare con l'Europa il giochino di sostituire, per tale importo, i titoli di debito pubblico nazionale già emessi con equivalenti titoli «europei». Ma la Commissione non ama trucchi e inganni e non consentirà partite di giro. Lo spazio in bilancio disponibile sui saldi programmati, poi, consente all'Italia di spendere al massimo 110 miliardi aggiuntivi, metà dei quali sempre e comunque a debito. In ogni caso, molti meno dei 209 miliardi sbandierati dall’Esecutivo di Conte che dovrà quindi rifare i conti. I controlli di Bruxelles sui progetti italiani sono diventati stringenti e il rischio di doverli riprogrammare più volte in corsa è più che attuale. Ma al secondo tentativo andato a vuoto, l'Europa prenderà carta e penna e scriverà per noi e allora davvero il rischio della Troika sarà sempre più concreto, anche perché il duo Conte-Gualtieri viene considerato ormai inadeguato oltre che da Zingaretti, di Maio e Renzi anche dalle cancellerie europee, Merkel in testa. Le linee dell'Ue, come è noto, sono più vicine al centrodestra, da sempre a favore dello sviluppo, delle grandi opere e delle infrastrutture, meno al Partito Democratico e tantomeno ai grillini, allergici agli investimenti, o a Conte stesso, avvezzo ai sussidi demagogici. In questo scenario, Mattarella, con la sua esperienza e la sua saggezza, sa che non può più continuare a fare il Ponzio Pilato della situazione. L’omissione può diventare più colpevole dell’azione.

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