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Mario Draghi e i fantagoverni. Così i retroscena si mangiano il Paese

Angelo De Mattia
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Abbondano le ipotesi che vengono formulate sul Governo per il dopo-sessione di bilancio con la libertà di azione e di scelta che si è riservata Iv. Rimpasto (ancora) sostanziale; nomina di due Vicepresidenti del Consiglio, ferma restando la presidenza Conte; Governo Draghi, con o senza Draghi; Governo Zingaretti: ormai i voli pindarici sono lunghissimi. Nessuno, tra quanti si esercitano in queste previsioni, che affronti un sia pur limitato aspetto dei contenuti dell’azione di Governo che oggi – si dovrebbe ritenere – non viene curato e che, invece, la nuova formula garantirebbe. Nulla sui programmi, a cominciare dalla politica economica e sociale, e nulla su contrasto dell’emergenza pandemica, in modo da far capire le differenze con l’oggi, il problema essendo non solo degli uomini con i loro incarichi ma anche, e prima di tutto, delle strategie dell’Esecutivo.

Non basta più parlare di cambi di passo o genericamente di svolta. La frequenza con la quale si evoca – da diverse parti – un Governo Draghi, o anche una linea Draghi pure senza lo stesso personaggio, si è accentuata: ormai siamo ai richiami infragiornalieri. Ciò, però, continua ad accadere “inaudita altera parte”, cioè lo stesso ex Presidente della Bce. Si pensa di supplire a questo coinvolgimento preventivo che sarebbe una condizione tassativa con elogi smodati a tesi – quali quelle prodotte dal Gruppo dei 30, di cui Draghi è “magna pars” – che sono di assoluta normalità; si potrebbe dire, se non fosse per il prestigio di alcuni estensori, che esse sfiorano la banalità, ma improvvisamente diventano in Italia programmi di Governo, “manifesti”, “agenda e non agenda”, percorsi taumaturgici per la salvezza. Poi si sviluppano i richiami dell’opera di Luigi Einaudi per istituire improbabili parallelismi e immaginare plutarchiane vite parallele le quali, però, mancano di presupposti essenziali e comunque sottovalutano l’eccezionalità e incomparabilità del “cursus honorum” di Einaudi.

Resta pur sempre ferma la considerazione che una cosa è dirigere una Banca centrale, avvalendosi, secondo una impostazione gerarchico-funzionale, dell’enorme capacità di analisi, di informazione e di proposta di quell’intellettuale collettivo che è una tale istituzione; altra cosa è presiedere e dirigere un Governo di coalizione. Ma, soprattutto, sarebbe ora di dedicare almeno una settimana, anche per le riflessioni che il lockdown finirà con l’incentivare, ai contenuti, al “che fare” e solo dopo di aprire il discorso sugli uomini, se lo si riterrà necessario. Per il modo in cui si stanno sviluppando le vicende, un tale comportamento costituirebbe, in effetti, una rivoluzione copernicana. 

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