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Furia di Maurizio Gasparri per Rai sport che fa la lecchina con Luigi Di Maio

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Toni e cinguettii accesi del senatore azzurro Maurizio Gasparri nei confronti di Enrico Varriale e Paola Ferrari accusati di avere ospitato senza motivo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in diretta a Rai Sport. Gasparri accusa i due conduttori e la testata di “essersi messi in ginocchio” davanti al ministro per atto di puro servilismo, e aggiunge: “Che schifo!”.

Al di là dei toni non si comprende in effetti la necessità della testata sportiva Rai di collegarsi in diretta con Di Maio per chiedere il suo pensiero sull'idea di intitolare lo stadio Olimpico di Roma a Paolo Rossi. L'attuale ministro degli Esteri non ha mai visto giocare in vita sua Paolo Rossi, né assistito ai suoi trionfali mondiali del 1982, essendo nato nel mese di luglio di quattro anni dopo, a un mese dall'eliminazione dell'Italia ad opera della Francia e nella stagione del ritiro di Rossi dal calcio giocato. Il ministero degli Affari Esteri non ha alcuna competenza nell'intitolare alcuno stadio a chicchessia, e Di Maio per altro è napoletano e tifoso del Napoli, squadra in cui Rossi non ha mai giocato. Nell'ingiustificabile teatrino messo su da Novantesimo minuto per altro Varriale e Ferrari hanno messo su la sceneggiata della par condicio inscenando un dibattito sull'Olimpico intitolato a Rossi con la presenza del direttore del Giornale, Alessandro Sallusti che come Di Maio non ha alcun motivo per discutere di quella proposta, ma almeno anagraficamente deve avere visto Rossi giocare a calcio.

Anche l'idea stessa non ha gran senso: l'Olimpico non è mai stato lo stadio di Rossi, che non ha giocato un solo minuto né nella Roma né nella Lazio, che non avrebbero alcun motivo di intitolare lo stadio dove giocano a Rossi. Vale poco anche associare alla nazionale italiana quello stadio. Che fu effettivamente inaugurato il 17 maggio 1953 da una amichevole fra Italia e Ungheria, ma quella partita sarebbe meglio dimenticarla, visto che gli azzurri rimediarono tre pappine in fondo alla loro porta senza segnare nemmeno il goal della bandiera. Insomma, non c'era un motivo solo al mondo per fare dibattere Di Maio di un'idea che ha davvero poco fondamento. Salvo uno: fare uno spot in un momento difficile a un importante esponente del M5s durante una trasmissione sportiva di buon ascolto. Sì, ha ragione Gasparri: il servilismo Rai non ha davvero limiti e confini...

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