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L'unico miracolo di Conte: il premier moltiplica i consulenti. Ora sono 750

Pietro De Leo
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Un piccolo sforzo ulteriore e saremmo arrivati ai Mille, i Mille di Giuseppe. Conte, però. Invece siamo solo a 750. Il governo non ci ristora manco il sorriso. Facendo un po’ d’ordine sul numero magico, trattasi del popolo delle task force. Sommando i 450 componenti dei vari organismi di esperti disseminati nella prima ondata del Covid ai 300 in arrivo per occuparsi del Recovery Plan non raggiungiamo, appunto, neanche gli 800. Peccato. Un po’ di colore si perde, ma non tutto. Perché c’è buon gioco per ripensare al passato. A quando Giulio Andreotti tranquillizzava le brame lottizzatorie dei partiti con un serafico «c’è posto per tutti». Oppure al mega governo Prodi del 2006, che per tenere incollata una coalizione sempre sul piede di guerra domestico pensò bene di superare quota 100 tra ministri e sottosegretari. Il prodotto finito fu un gran rumore e una roba insostenibile che infatti crollò.

Ora siamo alla grandeur di quello spirito lì. 300 per stilare i progetti atti a mettere a frutto (auguri!) il Recovery Fund, e sei manager messi a capo di costoro, come annuncia il Presidente del Consiglio sul Corriere della Sera. Più che gli spartani alle Termopili siamo alla Megaditta di Fantozzi, con i megadirettori e gli inferiori. D’altronde, l’Italia è pur sempre il Paese dei biglietti da visita in quantità.

Comunque, manco a dirlo, al Pd la scelta piace assai, con Matteo Ricci, sindaco dem di Pesaro, che rivendica la quota dei primi cittadini all’interno dell’organismo. Italia Viva, invece, stigmatizza la scelta di aver creato l’ennesimo carrozzone. Ettore Rosato, spiega: «dovevamo dare un’accelerazione anche nei mesi passati perché non è un compito in classe. Di cabine di regia e task force ne abbiamo viste tante, come quella di Colao, forse un po’ troppe. Bisogna far lavorare le strutture della P.A, che già ci sono, serve una cabina di regia che è il consiglio dei ministri». Pure il Movimento 5 Stelle, memore dell’esperienza Colao, a quanto trapela mastica male. Insomma, la maggioranza è spaccata pure su questo dossier. Mentre l’opposizione si ricompatta nella critica.«“Siamo su scherzi a parte?», chiede un ironico Salvini. Da Fratelli d’Italia, il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida attacca: «In perfetto stile Conte, ancora consulenze e incarichi per nascondere l'incompetenza dei ministri. Mentre famiglie e imprese sono in ginocchio a causa della crisi economica, il loro unico obiettivo - ha concluso - è creare nuove poltrone per spartirsele senza ritegno».

Da Forza Italia, il vice presidente Antonio Tajani osserva, dai microfoni del Tg4, che le task force «non servono a nulla, rischiamo il ridicolo. Noi abbiamo proposto la commissione bicamerale. Ora serve l’impegno di tutti, non solo i voti dell’opposizione quando c’è da votare lo scostamento di bilancio». Protestano anche i deputati di Cambiamo!, movimento di Giovanni Toti: «L’unica cabina di regia utile per i progetti e gli investimenti del Recovery fund già esiste e si chiama Parlamento. Si eviti di metter su l’ennesima task force composta da ministri, manager ed esperti e che sarebbe buona solo per le barzellette».

Insomma, nella task force si conferma quanto il filo di collaborazione trasversale sia flebile. In attesa che si scateni il dibattito, al suo interno, su quote rosa o arcobaleno, o magari nere. Ma questo sarà lo spettacolo del secondo tempo. 

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