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La mancia di Conte ai ristoratori

Pierpaolo La Rosa
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Una perdita record di quasi 41 miliardi di euro nel 2020, per il settore della ristorazione, con un preoccupante dimezzamento del fatturato, pari al 48% in meno: è quanto segnala una recente analisi effettuata dalla Coldiretti, sulla base dei dati Ismea. Secondo l’indagine, il temuto taglio delle spese di fine anno - con l’ipotesi di bar e ristoranti chiusi a Natale e a Santo Stefano - potrebbe essere la mazzata definitiva ad un comparto importante, che si trova in grande sofferenza. Eppure, se prendiamo in considerazione i tre decreti Ristori approvati, vediamo che sono meno di due miliardi e mezzo di euro i fondi complessivamente stanziati per il settore. Un vero peccato. Il fatto, però, è che l’esecutivo è impegnato da mesi ad erogare un diluvio di mance e mancette alle più svariate categorie. Contributi utili (forse) solo nel breve periodo, ma incapaci di dare risposte concrete a filiere produttive colpite in maniera drammatica dalle conseguenze economiche del Covid-19.

Del resto, lo stesso decreto Ristori quater non si sottrae a tale logica. Stando alle bozze circolate, si tratta dell’ennesimo provvedimento che si regge esclusivamente sull’idea dei bonus, come l’indennità per il prossimo mese di dicembre riservata ai lavoratori con rapporti di collaborazione presso il Comitato olimpico nazionale (Coni), il Comitato italiano paralimpico (Cip), le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva (riconosciuti dal Coni e dal Cip), le società e associazioni sportive dilettantistiche, ed i fondi in più per il 2020 per il Fondo unico a sostegno delle associazioni sportive e società sportive dilettantistiche. Interventi una tantum, quindi.

A proposito ancora di indennità, eccone un’altra - da 1.000 euro, pare - nello stesso testo, per i lavoratori dipendenti stagionali del turismo e degli stabilimenti termali. Cosa dire, poi, dei fondi sempre per il 2020, destinati all’apposito Fondo del ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo, per il ristoro delle perdite subìte dal settore delle fiere e dei congressi. Misura peraltro tardiva per far fronte alle difficoltà di una categoria che soffre maledettamente le restrizioni introdotte dai dpcm. Parliamo di un’industria che coinvolge diverse centinaia di migliaia di persone, con un impatto significativo sul Prodotto interno lordo nazionale. D’altra parte, se andiamo a ritroso, fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria, nei provvedimenti governativi troviamo solo bonus: quello per i lavoratori autonomi e le partite Iva, oltre al voucher baby sitting, nel decreto Cura Italia dello scorso marzo; il buono vacanze per incrementare i flussi turistici in Italia, inserito nel decreto Rilancio, rivelatosi un mezzo flop, ma prorogato dal primo decreto Ristori fino a giugno 2021; il famigerato bonus mobilità, per l’acquisto di bici e monopattini elettrici, contestato con forza dal centrodestra, visto che le risorse impiegate si sarebbero magari rivelate utili per provare a prevenire la seconda ondata del contagio.

C’è comunque, a livello generale, un dato di fatto da registrare: l’assenza da parte di Palazzo Chigi di norme realmente strutturali, in grado di ridare fiato al sistema economico. Il risultato? Imprenditori stremati, come quelli della ristorazione, che alla fine saranno costretti a chiudere, e lavoratori senza un futuro. Si procede in ordine sparso. Dopo aver «accontentato», si fa per dire, altri settori nei precedenti provvedimenti sui ristori, adesso si procede con l’elargire aiuti ai comparti rimanenti. E, magari, ci si dimenticherà di inserirne qualcuno. Quello che sembra mancare al governo, dunque, è una visione d’insieme: in una parola, una strategia.
 

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