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Il governo pensa alle poltrone. Nel rimpasto fantasma rischiano le ministre

Francesco Storace
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Benvenuti sulla Luna. Qui non c’è davvero il Covid e si è più sereni anche se ce lo twitta Matteo Renzi. Diciamo che c’è più distacco. I giornali – immancabilmente – arrivano via web e leggiamo che in un segretissimo colloquio proprio tra Renzi e il premier Giuseppe Conte si è cominciata la pratica rimpasto. Marziani, non c’è dubbio, nostri vicini di casa.

Ovviamente, sulla Luna non ci crede nessuno, perché in un mondo normale quei signori dovrebbero stare a contare i morti di Covid e non i numeri di ministri e sottosegretari da confermare o da cacciare.

Poi però, avendo frequentato qualcuno di quei palazzi, il dubbio te lo fanno venire le smentite. Non tanto le indiscrezioni, perché pare incredibile che la voglia di ministri a Renzi la solletichi Nicola Zingaretti che dovrebbe odiarlo ancora per la scissione. E quando in politica le smentite alluvionano le redazione il dito gratta la testa e dubita. Fortemente dubita.

Per fortuna dell’Italia, però, non ne hanno la forza. La credibilità. Sarebbero dei cinici mostri al solo pensare una cosa del genere. Si sono fatti scoprire a idearla, ora tornino a casetta senza parlarne più. Non perché noi si possa essere affezionati alla compagine di governo, anzi..., ma perché durante una pandemia sarebbe roba da matti. Magari Roberto Speranza si mette a scrivere un altro libro. Dopo «perché guariremo» se ne uscirà con un «non è mica bello che mi volete cacciare».

No, non si potrà fare il rimpasto. Perché chi li sente i Cinque stelle. O Conte allarga oltremisura i ministri senza portafoglio – manca quello alle cose futili – o gli scappati di casa te li trovi a strillare come ossessi perché se c’è da cambiare i loro nomi, non fanno decidere ad altri chi richiamare in servizio, non cedono un millimetro al Pd. Che tornerebbero ad etichettare in un nanosecondo come quelli di Bibbiano. Piuttosto Toninelli. Per questo Vito Crimi si atteggia a statista e verga una nota tanto nobile da sembrare la reincarnazione di Alcide De Gasperi: in sostanza, non se ne fa nulla, manda a dire.

Poi le donne. Bersagliate da giornalisti e sondaggisti. Il totoministri le affossa ogni giorno. Nunzia Catalfo e Lucia Azzolina, Paola Pisano e persino Paola De Micheli passano le prime due ore della mattinata a leggere le paginate sul rimpasto, ogni volta campeggiano i loro nomi. Ma come, celebrano le donne e si acquartierano il giorno dopo per colpirle, manco fossero Vittorio Feltri, tanto per stare alla loro narrazione...

Il povero Stefano Patuanelli giura di essere uomo, ma rischia pure lui perché al suo ministero ha già puntato Andrea Orlando del Pd. E come fai a varare un cambiamento di così tante postazioni – e non si parla ancora di Luciana Lamorgese al Viminale... - senza una crisi formale.

Lo fanno notare dal Quirinale ed è l’ennesimo aiutino a Giuseppe Conte. Che ha imparato presto a fare il gesto dell’ombrello per due motivi. Il primo sta nel tradizionale adagio che ricorda che una crisi di governo si sa quando comincia e soprattutto non si sa come finisce. E poi, dice ai suoi interlocutori più fidati: «Ma se ora comando, perché dovrei accettare di dividere con altri il mio potere?». E vagli a dire che non si fa così dopo che sono due anni che fa come gli pare...

Il rimpasto pandemico non si potrà certo fare per infilare Matteo Renzi al governo – anche se sarebbe uno spettacolo vederlo alla giustizia – o Zingaretti vicepremier a dedicarsi come al solito delle nomine.

Sono illusioni di chi ordina alle redazioni di scrivere quello che sta per succedere senza, per fortuna, una sola prova certa che accadrà. Perché vogliamo sperare di non essere governati da una combriccola di dementi, irresponsabili persino di fronte a quei milioni di italiani che sono in difficoltà. Sono loro quelli da ristorare e non aspiranti ministri o sottosegretari, che sarebbe davvero penoso mettersi a nominare.

La strada maestra per liberarsi dei cattivi governanti, da che mondo è mondo, è una sola: quella del ritorno di fronte al corpo elettorale. Lo ha fatto persino la più grande democrazia del pianeta, lo potrebbe fare anche l’Italia. Ma guai a dire a chi vuole anticipare il Natale, di farlo per le elezioni. Ne sarebbero terrorizzati e per essi è molto più comodo giocare al rimpasto che non ci sarà mai.

Squilla il telefono, è Marte che chiama: «Non siate così sicuri, però, che il rimpasto non possa davvero esserci. Ci hanno avvisato che stanno discutendo in Parlamento i decreti sicurezza anziché le misure per fronteggiare il Covid. Forse le nostre previsioni sulla loro salute mentale dobbiamo modificarle». E allora perché l’opposizione gli ha votato il deficit di bilancio: «Ancora non lo abbiamo capito neppure noi quassù». Capito come stiamo messi? Diventa quindi assolutamente ovvio che si possano mettere a discettare di toto ministri. Non hanno più contatto con la realtà.

Ovvio che poi smentiscano. Ma domani ricominciano. Ricordate «quelli di prima»? Ecco, quelli di oggi sono pure peggio. Famelici. Mentre gridano ai peccati dei cittadini che si assembrano. Loro vogliono l’assembramento ministeriale. Senza provare alcuna vergogna.

Ci hanno messo settimane per un commissario alla sanità in Calabria, figurarsi per i membri del governo. Rimpastate Arcuri, magari, e allora qualche applauso ve lo guadagnerete. Anche dalla Luna.
 

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