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Conte sotto assedio, il dpcm fa infuriare tutti. E Renzi raccoglie firme contro il governo

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Una levata di scudi da più parti dopo il nuovo Dpcm che, per stessa ammissione del premier Giuseppe Conte, finisce per scontentare alcune categorie. Le misure non vanno giù al presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che «fatica a capire qual è la direzione» del governo. «Ci siamo fatti cogliere impreparati e questa volta lo sapevamo», è la sintesi del numero uno di viale dell’Astronomia, che chiede un cambio di metodo e che l’esecutivo ascolti di più le parti sociali, ma poi lancia l’allarme. Il Pil italiano, «se le misure restrittive andranno avanti», potrebbe segnare «un -11/-12%, con un danno per l’economia di 216 miliardi, superiore ai fondi del Recovery Fund». Bonomi richiama all’attenzione quando si parla di ristori, perché «abbiamo ancora 12 mila persone che aspettano da maggio la Cig erogata dallo Stato, è su queste cose che gli italiani perdono la fiducia».

Ma le reazioni al decreto in vigore da lunedì vanno oltre. Spaziano dalla politica al mondo delle categorie produttive, passando per il mondo della cultura. «Un dolore la chiusura di teatri e cinema. Ma oggi la priorità assoluta è tutelare la vita e la salute di tutti, con ogni misura possibile», è il messaggio del ministro Dario Franceschini. Che poi assicura: «Più dei mesi passati sosterremo le imprese e i lavoratori della cultura». In tanti storcono il naso e l’Anica (Associazione nazionale industrie cinematografiche) promette: «Ci impegneremo perché il provvedimento di oggi abbia carattere assolutamente temporaneo: dopo questa fase, fatta di sacrifici complessi ed economicamente dolorosi, si deve giungere al più presto ad una riapertura programmata».

La nuova stretta del governo, con un ’lockdown soft’, rinvigorisce il centrodestra e riapre qualche ferita nella maggioranza. Matteo Salvini ha ascoltato in giornata «le preoccupazioni» dei sindaci e dei governatori della Lega: alcuni primi cittadini leghisti stanno valutando di ricorrere al Tar contro il Dpcm. La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, affila la punta: «È intollerabile che dopo otto mesi il governo navighi a vista. Non ci stanno capendo niente». Per Silvio Berlusconi, ancora, serve «aprire un tavolo istituzionale dove portare le nostre proposte per l’Italia».

Intanto, Italia viva esce allo scoperto e lancia una petizione. «Nell’idea del ’chiudere tutto ciò che non è necessario' davvero vogliamo includere la cultura, la bellezza o il benessere dello sport?», si chiede il partito di Matteo Renzi. E il dem, Andrea Romano, non ci sta: «Ci sono forze politiche che promuovono petizioni contro il governo di cui fanno parte. Servirebbe meno furbizia e più impegno». Se Andrea Marcucci sottolinea la richiesta del Pd di prevedere un «ristoro economico» per i settori più colpiti, sposato rapidamente da Conte, il M5S fa quadrato e Vito Crimi richiama all’ordine: «Ora è nuovamente il momento della responsabilità». «Il nemico è il virus, non i provvedimenti che si prendono per fermarlo», gli fa eco Nicola Zingaretti. Non finisce qui, però, perché sono diversi i niet al Dpcm. Fipe-Confcommercio calcola che le misure «costeranno altri 2,7 miliardi alle imprese della ristorazione», che rischiano «il colpo di grazia». «I ristori adeguati e tempestivi annunciati dal governo devono essere estesi alla filiera agroalimentare. Qualsiasi esclusione sarebbe incomprensibile ed ingiustificata», è la riflessione di Massimiliano Giansanti (Confagricoltura). Mentre Coldiretti parla di «una perdita di fatturato di oltre un miliardo per le mancate vendite di cibo e bevande» con le chiusure alle 18 dei locali. Di «shock gravissimo per il settore fieristico per il quale serve un atto urgente con un intervento economico a fondo perduto» parla Maurizio Danese, presidente di Aefi. E in una nota congiunta Cgil, Cisl e Uil ribadiscono, infine, la necessità di un confronto subito con il governo. Che ha accolto la richiesta: mercoledì prossimo, alle 16, ci sarà una teleconferenza convocata in serata da Conte.

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