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Vittorio Sgarbi lancia la sua candidatura a Roma: io sindaco del centrodestra

Dario Martini
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È il solito Vittorio Sgarbi. Quello che non riesce proprio a tenere la mascherina anche con decine di persone attorno. Quello che non sopporta i «matti» al governo che «ci trattano come bambini deficienti». Ma è anche colui che si dichiara il salvatore di Roma: «Nel 2021 sarà un anno simbolicamente adeguato. Avremo la fine della peste che corrisponde all’epoca Raggi. E la rinascita sarà Sgarbi». Della sindaca grillina, però, non condanna tutto. Anzi, ci sono quattro suoi ex assessori che è pronto ad accogliere in squadra in vista della campagna elettorale da sindaco della prossima primavera. La domanda decisiva è una: sarà una corsa in solitaria? Il deputato e critico d’arte lancia la sfida: «Se FdI, Lega e Forza Italia non trovano qualcuno di migliore restano due possibilità: convergano su di me o si facciano le primarie» del centrodestra.

Lui assicura di avere i piedi ben piantati a terra: «Non ho nessuna ambizione di diventare sindaco, ma sono sicuramente quello che ha più titoli per farlo». Ricorda il suo curriculum da primo cittadino di San Severino, di Salemi e, attualmente, di Sutri. E garantisce: «Lo farò gratis». Per illustrare le sue idee per Roma, un nuovo Rinascimento appunto, come si chiama il suo movimento che a Milano vuole candidare il cantante Morgan, Sgarbi sceglie un piccolo ristorante in piazza della Maddalena, vicino al Pantheon. Al suo arrivo non indossa la mascherina: «Non c’è alcun obbligo di indossarla se c’è distanziamento», spiega. A dire il vero, il decreto del premier prevede una condizione più stringente: l’«isolamento». Ma poco importa, Sgarbi tira dritto: «La curva dei morti è quasi a zero. So che c’è una parte di romani che ci voterà perché sa che non siamo circondati dalla morte. In verità il vaccino e 40 milioni di mascherine al giorno sono un affare colossale. Hanno attaccato Trump. Non essendo morto dimostra che essendo guarito in quattro giorni non è una malattia colossale».

La lotta alla compressione delle libertà personali, con la scusa del Covid, va di pari passo alla candidatura al Campidoglio. Sgarbi dice di non essersi mai sentito così «deputato» come nell’ultimo anno in cui è diventato il simbolo della lotta alle restrizioni governative. «Nel 2021 ci sarà la fine dell’epidemia - profetizza - Dopo il dio mascherina arriverà il dio vaccino. E quando sarò sindaco io avremo una città libera». Poi promette di far diventare i musei di Roma come Parigi, dove i turisti vanno solo per vedere il Louvre. A chi gli chiede quale sia il suo slogan, risponde da par suo: «Fatevi i cazzi vostri, non c’ho ancora pensato». Come assessori, però, vuole i quattro che hanno dimostrato «dignità» lasciando la Raggi: Paolo Berdini (Urbanistica), Massimo Colomban (Partecipate), Marcello Minenna (Bilancio) e Carla Raineri (ex capo di Gabinetto). Altro papabile è l’economista Geminello Alvi.<ET>La ciliegina sulla torta è Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace che ha fatto dell’integrazione dei migranti un modello. Esempio che Sgarbi è pronto a replicare in alcuni quartieri di Roma. Infine, la prima cosa da fare una volta sindaco sarà «indire un referendum per staccare Ostia da Roma e farne un Comune a sé, come Fiumicino».

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