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In Toscana lo strano destino di Susanna Ceccardi. Lanciata verso la gloria da... Renzi

Carlo Solimene
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La politica, come la vita, è fatta di «sliding doors». Piccoli accadimenti, all'apparenza poco significativi, che in realtà poi determinano un terremoto e rischiano di cambiare il corso della storia.

Lo sa bene Susanna Ceccardi, la donna scelta da Matteo Salvini per tentare il miracolo di espugnare per la prima volta la rossa Toscana. Al termine di una scalata che prende le mosse grazie (o per colpa) dell'«altro» Matteo, Renzi.

Per capire perché è necessario riavvolgere il nastro e tornare agli inizi del 2016. Quando il Pd, che amministra ininterrottamente dal Dopoguerra Cascina, città in provincia di Pisa, si divide sulla ricandidatura del sindaco uscente Alessio Antonelli. Un profilo debole, secondo la classe dirigente del partito all'epoca, i renziani, appunto. Così i fedelissimi del rottamatore mettono Antonelli nel mirino, ottengono le primarie e si schierano compatti con lo sfidante, Andrea Paganelli.

Alla fine a prevalere largamente è il sindaco uscente, ma la spaccatura nel partito è evidente. Non solo: anche l'immagine trasmessa all'esterno non è il massimo. «Aver messo il sindaco uscente in discussione è stato come dire agli elettori "Scusate, ci siamo sbagliati"» ricostruirà mesi dopo il governatore della Regione Enrico Rossi.

Sulle prime non sembra un danno enorme. In fondo a quelle latitudini il Pd si sente talmente al sicuro da non temere mal di pancia e faide interne. Né dall'altra parte della barricata c'è un avversario in grado di impensierire granché. Il centrodestra ha infatti candidato la ventinovenne Susanna Ceccardi. Una ragazzina, insomma, per giunta leghista. Figuriamoci...

La ragazzina, però, non è una sprovveduta. Nel 2011 è stata eletta consigliera comunale, la prima del Carroccio ad esserci mai riuscita nella provincia di Pisa. Una predestinata, insomma. Che, infatti, il 5 giugno successivo costringe a sorpresa Antonelli al ballottaggio. Un segnale d'allarme per la sinistra, anche se il vantaggio del sindaco uscente sulla sfidante sembra rassicurante: 14 punti percentuali, quasi tremila voti.

Invece al secondo turno succede l'impensabile. La campagna anti-Antonelli dei renziani produce i suoi effetti a scoppio ritardato. Il sindaco uscente si limita sostanzialmente a confermare i voti del primo turno. La sfidante ne guadagna invece 3.400. Le percentuali recitano: Ceccardi 50,29%, Antonelli 49,71. Più significativo, però, è il distacco in termini di consensi: la leghista ne prende in tutto 101 più dell'avversario. Si, perché quando si parla di Renzi e del Pd il 101 in qualche modo torna sempre...

È il quel momento che la Ceccardi diventa personaggio nazionale. Salvini piomba in città per festeggiare il traguardo storico del primo sindaco leghista in Toscana, lei continua la scalata con l'elezione all'Europarlamento nel 2019 e, oggi, la candidatura a governatrice. Con la consapevolezza di sfidare un avversario tutt'altro che irresistibile, quell'Eugenio Giani imposto al centrosinistra - guarda un po' - ancora una volta da Matteo Renzi.

Un anno fa, insediandosi a Strasburgo, la Ceccardi disse che avrebbe messo nel suo ufficio una foto del rottamatore: «Un monito per non fare la stessa fine, e ricordarmi cosa succede se ti monti la testa». Vero, ma magari c'entrava anche un piccolo debito di riconoscenza nei confronti dell'altro Matteo più importante della sua vita...

 

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