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Pure l'autostrada libica. Di Maio si crede Berlusconi

La storia dà ragione al Cav. Rispolverato il vecchio accordo del 2008 sull'"autostrada della pace"£

Pietro De Leo
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Ma quale carta d’identità! Silvio Berlusconi si sta godendo la nuova giovinezza, quella di quando la storia sposa le ragioni a lungo sostenute e applicate fra mille contrasti. Ieri se n’è avuta l’ultima riprova. Il Ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, è andato a Tripoli per incontrare il capo del governo di unità nazionale Serraj e tentare di riallacciare le relazioni italo-libiche, ultimamente devastate dalla marginalità del nostro Paese e dall’interventismo di altri attori internazionali. Ebbene, il punto per riannodare il filo è stato il vecchio accordo italo-libico del 2008, che contemplava, fra le varie cose, la realizzazione dell’ aeroporto internazionale a Tripoli e dell’«autostrada della Pace».

 

Intesa intessuta da Silvio Berlusconi allora Presidente del Consiglio e dal rais libico Muammar Gheddafi. Attorno a questo fulcro si snoda, peraltro, la possibilità di far tornare le aziende italiane ad operare in Libia, obiettivo su cui Al Serraj ieri ha dato il suo benestare, peraltro anticipando l’istituzione di una commissione apposita. Si tratta, quindi, della riproposizione dello schema Berlusconi e di quella «diplomazia commerciale» con cui, a quei tempi, aveva portato imprese italiane ad investire nell’ex colonia e responsabilizzato il rais nel bloccare i flussi migratori provenienti dalla zona subsahariana. Nel mentre la stampa progressista ironizzava su quella relazione politica enfatizzandone gli aspetti di costume e riducendo Gheddafi ad una sorta di personaggio da film di Sacha Baron Cohen...

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