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Incubo giustizia, siamo la Repubblica dei Trojan: garantismo addio

Entra in vigore la riforma delle intercettazioni che autorizza l'uso dei micidiali captatori informatici

Riccardo Mazzoni
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Oggi l’Italia compie un altro formidabile passo avanti - si fa per dire - verso la definitiva trasformazione in una democrazia giudiziaria: dopo molti rinvii entra infatti in vigore la riforma delle intercettazioni che autorizza l’uso dei trojan (da trojan horse, cavallo di Troia), i micidiali captatori informatici in grado di fare gli screenshot delle chat ogni tre minuti, di recuperare foto, file, conversazioni e video, tutto quanto insomma viene archiviato all’interno dei telefonini.

Si stravolge così il principio di proporzionalità a tutela del diritto alla libertà del cittadino nei confronti dello Stato, che quando non è autoritario deve garantire tanto la sicurezza quanto, appunto, la libertà. A nulla sono valsi i richiami del garante per la privacy sul rischio che questi strumenti tecnologici degenerino «in mezzi di sorveglianza massiva». Le nuove norme sulle intercettazioni sono in effetti un’incredibile babele di incostituzionalità. Non a caso contro questa devastante riforma sono insorti a più riprese, insieme alle Camere penali, anche ex presidenti della Consulta come Flick ed ex pm come Nordio, autorevoli giuristi con la barra dritta sul garantismo, termine che, con quattro sinistre al governo, è destinato letteralmente a sparire dal vocabolario della giustizia.

 

Questa riforma viola infatti non solo l’articolo 15 della Costituzione, che tutela la riservatezza delle comunicazioni, ma anche il 24, il 27 e il 111, che sanciscono la tutela della difesa, della presunzione di non colpevolezza e della parità delle parti nel processo. Sta prendendo sempre più corpo, insomma, la concezione giacobina della giustizia secondo cui il principio di non colpevolezza va trasformato esattamente nel suo opposto, consegnando totalmente nelle mani dei pm la golden share dei processi. Le procure avranno infatti anche il pieno controllo sia sulle intercettazioni che sulla loro rilevanza penale, vedendo così ampliata a dismisura la loro discrezionalità, che è già sconfinata. La possibilità di utilizzo praticamente indiscriminato dei trojan rende poi il quadro ancora più problematico. Con un’aggravante drammatica dal punto di vista delle garanzie costituzionali: l’utilizzo improprio delle intercettazioni esteso anche a eventuali fattispecie di reato estranee all’inchiesta per cui erano state autorizzate.

Dunque, via libera ope legis alle indagini con la pesca a strascico: non si indaga più su una notizia di reato, ma prima si stabilisce un presunto colpevole, e solo dopo si cerca di provare che ha commesso un reato. Una deriva pericolosa, che peraltro contrasta in modo stridente con una recentissima sentenza della Cassazione (la sentenza Cavallo ha stabilito che i reati diversi devono essere comunque collegati a quello per cui le intercettazioni sono state autorizzate). Eppure gli stessi magistrati, nel corso delle audizioni parlamentari, hanno espresso motivate perplessità sull’utilizzo senza limiti e sull’invasività del trojan, strumento giudicato altamente invasivo, con la criticità ulteriore che le procure non sono ancora attrezzate – mancano mezzi e personale - per una corretta gestione dei dati.

 

Ma questo è solo l’ultimo capitolo di una trilogia giudiziaria che ha due precedenti figli del medesimo disegno illiberale: il decreto Spazzacorrotti e l’abolizione di fatto della prescrizione. È nello Spazzacorrotti infatti che si decise di introdurre l’uso dei trojan anche per i reati di corruzione, equiparando così i reati contro la pubblica amministrazione a quelli di mafia. Una correlazione del tutto erronea dal punto di vista giuridico, ma che ricalca appieno la concezione giustizialista del grillismo al potere di cui Bonafede è la mediocre punta di diamante.

L’altro delitto perfetto contro la giustizia si è consumato, appunto, con la morte della prescrizione, a cui sia il Pd che gli ex garantisti di Italia Viva si sono inchinati senza batter ciglio, chiedendo sommessamente in cambio la riforma del processo penale che Bonafede ha però riposto in un cassetto e di cui si sono ormai perse le tracce. È stato come dire: intanto facciamo arrivare il diluvio universale, poi forse cercheremo un ombrello. Il paradosso finale? La sinistra salita per anni sulle barricate per difendere la Costituzione più bella del mondo, ora ne ha distrutto un cardine fondamentale: il giusto processo. Benvenuti nella Repubblica dei Trojan.
 

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