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Il festival di Villa Pamphili guidato dalla Troika

Gianluigi Paragone
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Il festival di Villa Pamphili sotto la direzione artistica della Troika ha già un primo verdetto: il Mes. Come da tempo andiamo scrivendo, l’impegno preso mesi fa dal duo Conte-Gualtieri sul meccanismo europeo di stabilità con Bruxelles è pronto ad essere onorato. Bastava solo superare il mal di pancia dell’ala dura del Movimento Cinquestelle: è bastato allungare i tempi, stressare il dibattito e trascinare i ribelli in quella gommosità cui i capi del nulla pentastellato si sono abituati. Se anche qualcuno dovesse opporsi non votando, poco importa perché laddove la minaccia di espulsione non dovesse generare ripensamenti sarà la pattuglia di Forza Italia a compensare le perdite sul campo. Insomma, problema Mes risolto: Unione europea, Quirinale e Pd si sono stancati del melodramma grillino.

 

La Bilderberg dei Cinquestelle (azzeccato copyright di Mario Monti) sta completando la metamorfosi governativa, l’addomesticamento di ciò che nacque come antisistema e che per poltronismo è ormai una fake politica. La Troika si è infilata come un coltello caldo nel burro contiano ed è pronta a sciorinare le proprie ricette riformiste, le solite.

Arriverà il Mes, prima nella forma furbescamente definita light poi nella sua formulazione completa; e a seguire arriveranno tutte le altre misure finanziarie a debito, dal recovery al programma Sure.

L’indizio più marcato del cambio di passo coincide con le parole dure del Capo dello Stato laddove chiede più concretezza nelle politiche, rivelando così non solo la sua personale insoddisfazione verso la moltitudine dei decreti ma anche la sterilità degli stessi in termini di ricaduta pratica. La stessa mancanza di concretezza è sottolineata dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco. Tante promesse ma zero soldi, ergo toccherà a Bruxelles farli arrivare in prestito.

 

La messa a terra degli atti del governo di Promettopoli non ha che sfiorato l’economia reale: le imprese sono a secco di liquidità (ma ricevono cartelle esattoriali e bollette come prima del Covid); i lavoratori aspettano la cassa integrazione nonostante la promessa del presidente di Inps Tridico di soddisfare la moltitudine entro venerdì scorso; le partite iva e i professionisti si stanno domandando quanto potranno proseguire oltre. Niente soldi, in poche parole. Così l’Italia si mette sotto l’ombrello della tecnocrazia finanziaria, tradita dal più bugiardo dei governi, retto dalla principale forza parlamentare che - ripeto - prese i voti per fare tutt’altro, come prevedeva il programma elettorale del M5S.

La nove giorni di Villa Pamphili conferma che in Europa è tollerato cambiare i governi ma mai la politica degli stessi. Il Conte 2 ne è la prova (forse lo sarebbe stato anche il Conte 1, sia chiaro; Giovanni Tria non mi aveva mai dato prova di gran coraggio). Le cronache delle prime giornate segnano la prudenza dialettica del gabinetto Conte, finalizzata a non irritare i Paesi del Nord, si sono affrettati a puntualizzare con atteggiamento servile. Farsi vedere bravi scolaretti e meritare le caramelle di Bruxelles: sabato è andato in scena questo copione davanti alla Troika. Lo stesso accadrà nei prossimi giorni quando Conte parlerà alle gelatinose caste confrindustriale e sindacale e agli altri attori non protagonisti del festival di Villa Pamphili, coro sciocco di quell’Europa s’è desta, pronunciato da Ursula Von Der Leyen in videoconferenza. L’inizio della strucchevole recita unionista.

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