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L'apertura delle scuole resta un rebus e per i genitori continua l'emergenza

Lucia Azzolina

In tanti paesi europei gli istituti riaprono

Alberto Di Majo
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L'apertura delle scuole resta un rebus. L'orientamento del governo Conte è chiaro: tenere gli studenti a casa almeno fino a settembre, valutando la possibilità di far svolgere nelle aule giusto gli esami di maturità. Tuttavia Palazzo Chigi non dà segni ufficiali. È troppo presto per tracciare con sicurezza un percorso. Eppure la mancanza di un piano getta bambini, e soprattutto genitori, nell'incertezza. Il congedo parentale, come costruito dall'esecutivo, non può essere una risposta: uno dei due genitori può stare a casa (senza lavorare) per quindici giorni ottenendo il 50 per cento dello stipendio. Non stupisce che la misura sia stata richiesta soltanto da 200 mila lavoratori. Facciamo i conti. Lo stipendio medio annuo lordo di un lavoratore italiano è quasi 30 mila euro, cioè 1.300-1.400 euro netti al mese. Volendo (e dovendo) stare accanto ai propri figli che non vanno più a scuola si avrebbe metà stipendio. Ma come si fa a vivere, magari pagando un mutuo o un affitto, con 650-700 euro in meno al mese? Né il bonus baby sitter è risolutivo: 600 euro, ovviamente in alternativa al congedo parentale. Ne hanno fatto richiesta 40 mila famiglie. D'accordo, meglio di niente. Ma in quello che viene sempre descritto come "il paese della famiglia" ci si aspetterebbe qualcosa di più. Resta sullo sfondo la questione principale. Ma le scuole si potrebbero aprire almeno per l'ultimo mese? Nessuno lo sa, anche se il ministro Azzolina sembra escluderlo. In Europa c'è anche chi non le ha mai chiuse (la Svezia), chi le ha già riaperte (la Danimarca) e tanti altri che si accingono a farlo, come la Germania (3 maggio), il Lussemburgo (4 maggio), la Francia (11 maggio), la Spagna (a giugno). Qualunque cosa decidesse il governo sarebbe opportuno che i genitori venissero messi nelle condizioni di poter stare a casa senza rinunciare a metà dello stipendio.

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