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Mascherine, Conte fa lo spiritoso

Dopo quattro giorni arriva la risposta di Palazzo Chigi all'inchiesta de Il Tempo. Il premier ha solo obbedito ai diktat della ministra. Spiegazione davvero ridicola

Franco Bechis
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Ci sono voluti quattro giorni, ma alla fine lo sventurato ha risposto. Da Palazzo Chigi è arrivata a Il Tempo una lunga lettera in cui si prova a giustificare l'acquisto massiccio di mascherine, gel, camici e guanti per proteggere Giuseppe Conte e i suoi collaboratori ben 15 giorni prima che il governo pensasse alla salute di tutti gli altri italiani cercando protezioni per loro attraverso gli appalti Consip. In realtà la lettera me l'ha inviata il portavoce del premier, Rocco Casalino, che però non l'ha firmata e mi ha chiesto di apporvi la firma un po' eccentrica di “Palazzo Chigi”, cosa che abbiamo fatto. Potete leggerla integralmente a pagina 2 de Il Tempo di oggi, per cui non ne cito qui i passaggi letterali. Posso dire che scorrendola ho fatto un salto sulla sedia. Perché non si nega nulla di quel che abbiamo scritto in questi giorni su questo quotidiano, e anzi si confermano forniture e date. L'unica cosa che si nega è che a Palazzo si sia costituito un ospedale, ma questo perché da quelle parti non si coglie l'ironia con cui abbiamo ribattezzato “San Giuseppi Hospital” una serie di ordinativi sanitari più adatti al fronte della crisi che a un palazzo dove oggi è al lavoro qualche decina scarsa di persone (la presidenza del Consiglio ha migliaia di dipendenti, come scrivono, ma dall'inizio della crisi sono quasi tutti a casa chi in ferie chi lavorando a distanza). Va bene, le corsie e i letti non ci sono, resta sempre il presidio medico costituito nel lontano 1994, che però in questi giorni è il più fornito di Italia, dotato di ogni arma fin qui conosciuta per proteggersi dal coronavirus.  Per approfondire leggi anche: Protetto solo Conte nel governo Ma è vero che le richieste a trattativa diretta con ditte disponibili a consegne entro 5 giorni sono iniziate il 26 e il 27 febbraio, quando il premier faceva dire a tutti gli italiani che le mascherine non servivano, a meno di essere malati o di assistere persone che già erano contagiate. Perché lo ha fatto il presidente del Consiglio prima di pensare a mettere in sicurezza gli altri italiani, compresi quelli che erano in prima linea come medici, infermieri, poliziotti, carabinieri, finanzieri e militari? Ho fatto un salto sulla sedia, ma questa è la risposta: “Si fa presente che il ministro per la Pubblica Amministrazione ha emanato, il 25 febbraio 2020, una direttiva che ha imposto a tutte le amministrazioni pubbliche l'adozione di misure di igiene e di protezione a beneficio di tutti i dipendenti e di tutti coloro che, a diverso titolo, operano o si trovano presso l'amministrazione. Nei giorni successivi all'emanazione di questa direttiva, la Presidenza del Consiglio ha avviato le procedure negoziali che hanno portato all'acquisto e alla consegna di 1.250 litri di gel igienizzante, di 310 confezioni da 100 guanti ciascuna e di 11.600 mascherine chirurgiche; altre 32.400 mascherine chirurgiche sono state pure ordinate e dovrebbero essere consegnate, in base all'originaria previsione, a fine maggio”. Insomma come sempre capita quando fa o dice una sciocchezza (accade con frequenza ormai impressionante), Conte scarica la responsabilità su qualcun altro. Ci dice in questa lettera che lui avrebbe semplicemente obbedito a una direttiva del ministro Fabiana Dadone. Evidentemente conta più lei del premier (e allora mettiamola al suo posto), e sentirsi dire che Conte ha solo obbedito da primo della classe alla Dadone è sicuramente divertente anche se travalica il limite della tolleranza verso la pura presa in giro. Quella direttiva non ha concesso ad altri ministri - lo abbiamo dimostrato ieri con date e contratti citati su Il Tempo - di mettere in sicurezza per molte settimane successive i loro più stretti collaboratori, perché di mascherine, guanti e camici i magazzini del mercato della pubblica amministrazione erano ormai privi, svuotati dalle rapidissime richieste della presidenza del Consiglio dei ministri. Tanto è che anche i collaboratori di Conte quando a pochi giorni di distanza hanno fatto una seconda richiesta alle stesse ditte, si sono sentiti rispondere picche, mettendosi in fila come tutti gli altri ministeri per una nuova fornitura che non arriverà se non fra una quindicina di giorni. Se suscita ilarità questa spiegazione sul primo della classe che ha bruciato tutti gli altri eseguendo quel che chiedeva la Dadone, non risponde invece a verità quel che pure si sostiene nella lettera di palazzo Chigi, e cioè che queste di cui abbiamo parlato sono solo forniture ricorrenti che da anni si fanno. Ho consultato la banca dati storica delle forniture del governo italiano e non ho mai trovato - esattamente come ricordavo (ho sempre letto tutti quei documenti amministrativi) - nessuna gara in precedenza per la fornitura di mascherine, guanti in nitrile e camici protettivi per i visitatori di palazzo Chigi. Forse qualche decina di pezzi è stata acquistata all'interno delle generiche forniture di “materiale sanitario” arrivate dalla vicina Farmacia del Pozzetto. Mai però era stata fatta una gara per comprarne qualche migliaio di pezzi. Questo per altro è di una certa evidenza per tutti i lettori, che non ricorderanno come non ricordo io un Giulio Andreotti, un Giuliano Amato, un Carlo Azeglio Ciampi, un Silvio Berlusconi, un Romano Prodi e nemmeno un Mario Monti, un Enrico Letta, un Matteo Renzi o un Paolo Gentiloni in giro per le stanze della presidenza del Consiglio con una bella mascherina sulla bocca inseguiti da codazzi altrettanto imbavagliati. Mai prima del 2020, quando è scoppiata l'epidemia di Covid 19. Resta così fra qualche bugia palese e giustificazioni che non accetterebbe nemmeno una maestra a scuola, il fatto accaduto: Conte come il capitano Francesco Schettino con rapidità straordinaria ha fatto calare la scialuppa di salvataggio per se stesso e per i propri collaboratori. Poi, messosi in salvo, solo dopo molto tempo ha chiesto si trovassero analoghe scialuppe di salvataggio per altri ministeri e per tutti gli italiani. Non ci sono ancora per molti di loro, e non è certo una medaglia da appuntarsi sul petto.

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