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Coronavirus, Matteo Renzi? Ha il merito di ribellarsi alla dittatura dei virologi

Nelle parole dell'ex premier Matteo Renzi c'è una verità: la scienza non può sostituirsi del tutto alla politica

Massimiliano Lenzi
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La Repubblica italiana è diventata una Repubblica fondata sui virologi. La politica, da quando è esploso il coronavirus, ha delegato alla scienza le scelte che riguardano 60 milioni e passa di italiani. Lo ha fatto in nome della salute pubblica. Ma lo ha fatto anche delegando a molte libertà democratiche personali con l'aggravante di un unanimismo diffuso sui media e tra l'opinione pubblica: guai a chi critica le indicazioni dei virologi. Ma cosa dicono i virologi? A parte che tra loro ci sono diverse sfumature e posizioni, l'unica indicazione certa che arriva è questa: gli italiani e le italiane se ne stiano chiusi in casa. Punto. Il fatto è che nessuno dei virologi sa dare risposte certe a quattro domande fondamentali. Primo: per quanto tempo ancora gli italiani dovranno restare chiusi in casa? Secondo: quanto tempo durerà ancora a circolare questo infame del coronavirus? Terzo: quando arriverà una cura efficace contro il virus? Quarto: quanto tempo servirà prima di ottenere un vaccino? Insomma, i virologi danno una indicazione di scelta di politica pubblica, gli italiani se ne stiano chiusi in casa per non prendersi il coronavirus, ma alle domande scientifiche sul virus non sanno fornire ancora risposte certe. E così, in questo unanimismo sanitario a tutela degli italiani, basta che si levi una voce critica come quella di ieri di Matteo Renzi per scatenargli contro (a Renzi) il finimondo. Vediamo cosa ha detto Renzi e poi guardiamo le reazioni. Renzi, in una intervista al quotidiano dei vescovi “Avvenire” ha spiegato il suo punto di vista sul futuro e sulle sorti dell'Italia: “Bisogna consentire che la vita riprenda. E bisogna consentirlo ora. Sono tre settimane che l'Italia è chiusa e c'è gente che non ce la fa più. Non ha più soldi, non ha più da mangiare. I tentacoli dell'usura si stanno allungando, soprattutto al sud. (..). Serve attenzione, serve gradualità, serve il rispetto della distanza. Ma bisogna riaprire”. Tra le altre cose, il leader di Italia Viva, ha proposto l'ipotesi di riaprire le scuole il 4 maggio. Apriti cielo. Gli si sono scagliati contro gli scienziati, all'unisono: “È una follia”. “Aprire è prematuro” e chi più ne ha più ne metta. Insomma gli scienziati ci stanno dicendo che anche ipotizzare una riapertura il 4 maggio, delle scuole, a loro non convince affatto. Anziché criticare Renzi gli illustri virologi dovrebbero fare tre cose. Dirci quando secondo loro l'Italia potrà riaprire, con gradualità. Farci sapere i tempi di una cura e quelli per un vaccino. A meno che non vogliano, i virologi, sostituirsi alla politica e dettare loro i tempi e i modi del ritorno alla vita civile e produttiva degli italiani. La paura di morire ce l'abbiamo tutti ma quanto possiamo derogare, in nome di questo timore individuale e collettivo, alle nostre libertà senza morire come Paese? Matteo Renzi ha sollevato, con coraggio visti i tempi e la maggioranza delle reazioni contro di lui, un dubbio e una proposta. Nell'Italia del pensiero unico, con i virologi che fanno i politici ed i politici che si affidano ai virologi, un gesto controcorrente. Ce n'era bisogno. Per riflettere. Per capire quanto il coronavirus ci stia togliendo, non solo in vite ed in salute, ma in libertà e capacità di ragionare. Perché come ha scritto Curzio Malaparte in “Maledetti toscani”, “la libertà è un fatto dell'intelligenza: ed è quella che dipende da questa, non l'intelligenza dalla libertà”.  

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