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Maggioranza unita? Solo per processare Salvini. Il governo è bloccato su tutto

Da Autostrade ad Alitalia il governo è bloccato: i continui litigi nella maggioranza influiscono sui dati dell'economia che non riesce a riprendersi

Pietro De Leo
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Il voto sulla Gregoretti è l'unico barlume di coesione di una coalizione di governo che anche ieri ha vissuto una dinamica surreale. Tutta unita per il sì sul processo a Matteo Salvini in Senato, spaccata sul tema della prescrizione, con il lodo della renziana Annibali bocciato alla Camera e Italia Viva schierata assieme alle opposizioni. Eccola qui, dunque, la fotografia dell'esistente, ossia quella di un governo avviluppato tra polemiche e distinguo continui, e tutti i dossier fermi. L'incaglio sulla modifica della riforma Bonafede oramai va avanti da settimane, con un crescendo di contrasti che vedono Italia Viva da una parte e Pd-5 Stelle dall'altra. Peraltro, il Segretario dem Nicola Zingaretti ha avuto l'altroieri parole durissime contro i renziani, accusandoli addirittura di estremismo, e ciò risulta ancor più clamoroso considerando, oltre all'alleanza di governo, il fatto che fino a qualche mese fa convivevano tutti nello stesso partito. Sul clima dell'Esecutivo, di certo, non ha positivamente influito la crisi del Movimento 5 Stelle. La debacle sia in Emilia Romagna che in Calabria ha provocato le dimissioni di Di Maio da capo politico dando il là ad una serie di evidenti difficoltà nella fase transitoria verso un nuovo leader. Con questa situazione, tutti i nodi più stretti rimangono sul tavolo. È ancora da risolvere il tema delle concessioni autostradali. Pressoché fermo il dossier Alitalia mentre è piombata in tutta la sua dirompenza la crisi Air Italy. Al momento, dopo un primo contrasto tra Movimento 5 Stelle (con parte del Pd) e Italia Viva, è sullo sfondo l'ipotesi di una (profonda) riforma del Jobs act, uno dei provvedimenti-simbolo del governo Renzi. Mentre di fronte alle performance non certo esaltanti del reddito di cittadinanza, la cui modifica è promossa a varie intensità nel Pd ed Italia Viva, il Movimento 5 Stelle metaforicamente parlando mette mano alla pistola. E come se non bastasse, c'è la questione dei vitalizi parlamentari. Il ricalcolo approvato in autodichia dopo una lunga battaglia politica del Movimento 5 Stelle è stato bersagliato dai ricorsi degli ex parlamentari coinvolti dalla misura, su cui deciderà nei prossimi giorni la commissione contenziosa del Senato. Ebbene, sulla questione i pentastellati hanno convocato una manifestazione per sabato, a Roma. Terreno scivolosissimo, anche questo, visto che per un partito di governo che scende in piazza è sempre difficile dimostrare l'estraneità della protesta rispetto alle politiche dell'Esecutivo stesso. Non a caso, Zingaretti ha parlato senza mezzi termini di errore. Altro punto, la tornata di elezioni regionali. Toscana a parte, ci sono problemi ovunque. In Puglia, Italia Viva non sosterrà la ricandidatura di Michele Emiliano, e si prepara alla corsa separata con Azione di Carlo Calenda e + Europa. Nelle Marche il Pd è spaccato attorno alla figura del Presidente uscente Luca Ceriscioli, che comunque non verrebbe appoggiato da Italia Viva. In Campania, il Pd sta perseguendo la strada di cucire un'alleanza con il Movimento 5 Stelle e Luigi De Magistris, ma su questo i pentastellati sono divisi e comunque tutta l'operazione avrebbe come presupposto il passo indietro di Vincenzo De Luca. Anche in Liguria c'è un filo di dialogo allacciato per un'alleanza tra Pd e Movimento 5 Stelle, unica formula che darebbe qualche possibilità di contrastare la riconferma di Giovanni Toti. Anche le alleanze, com'è fisiologico che sia, sono fonti di fibrillazioni. Ma nel frattempo che il governo viene squassato dagli scossoni interni, l'economia morde con i suoi dati impietosi. La produzione industriale spiegata da dati drammatici con il segno meno; il rischio di contraccolpi economici per il Coronavirus. I quotidiani e dolorosi risvolti della carenza infrastrutturale. Le imprese che battono sul tasto di meno tasse e soprattutto meno burocrazia. Il presupposto per affrontare problemi di questa portata è la condivisione di obiettivi e percorsi (almeno in linea generale) del tutto assente. E a questo punto l'ottica di prospettiva al 2023 più volte evocata dal Presidente del Consiglio Conte appare più che altro come un inno del tirare a campare. E i tavoli tematici convocati questi giorni hanno i contorni di un tentativo di mascherare una profonda crisi decisionale per l'intera squadra e di conduzione politica del premier. Con le ammuine, però, al massimo si vivacchia, ma non si governa.

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