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A Hammamet con Bettino Craxi. Ma il requiem è per Nicola Zingaretti

Luigi Bisignani
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Caro direttore, Conte, Zingaretti e Renzi dei piccoli «leoni codardi», come li definirebbe il mago di Oz nel ventennale della morte di Bettino Craxi. Ad Hammamet, nel dedalo di viuzze bianche della Medina si sente parlare solo italiano ma dei tre non c'è traccia. In migliaia sono arrivati dall'Italia, i più con un garofano rosso in bella vista, hanno preso d'assalto, sin da venerdì, il piccolo cimitero cristiano della città. Una folla in pellegrinaggio fin sulla collina, presagicamente soprannominata «degli sciacalli e dei serpenti», dove si erge quella che non è certo una reggia, ma una normalissima casa, senza neanche vista mare. Non una dorata latitanza, ma un esilio volontario durato sei anni, fino alla fine dei suoi giorni. Con qualche puntata sulla spiaggia isolata nella zona di Salloum, sotto la capanna in canniccio costruita, in segno di amicizia e stima, dai pescatori locali appositamente per lui, «Monsieur le Président», come ancora in questo luogo affettuosamente lo chiamano. Eppure, nella ricorrenza dei vent'anni dalla morte di Bettino Craxi, sono assenti in contumacia i tre uomini di sinistra, quelli della «svolta», e non tanto per venire a riabilitare l'ex leader socialista, che forse non ne ha più neppure bisogno, bensì per chiudere una pagina di storia e riaprirne un'altra. Ma è un discorso per statisti, non per le comparse di questi tempi. Giuseppe Conte, attuale presidente del Consiglio, che in queste zone inutilmente viaggia come un beauty-case, avrebbe potuto avere almeno il senso istituzionale di recitare una preghiera sulla tomba di un suo autorevole predecessore. Per un baciapile come lui, sarebbe stato un modo riguardoso per onorare il santino di Padre Pio che ha ormai cucito nel taschino e gli insegnamenti del suo nume tutelare a Villa Nazareth, il cardinal Silvestrini.... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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