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Il vero sequestro dei migranti

Matteo Salvini in Senato (LaPresse)

Salvini li ha tenuti sulla nave Gregoretti solo quattro giorni. Però dopo lo sbarco a loro è andata molto peggio. Ma alla politica non interessa

Franco Bechis
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Per giorni è andata in onda la sceneggiata di Matteo Renzi e dei suoi fedelissimi: «Sul caso della nave Gregoretti leggeremo le carte e decideremo solo dopo averle lette», hanno sciorinato in continuazione. Ancora sabato sera a Stasera Italia il capogruppo di Italia Viva in Senato, Davide Faraone, recitava la medesima litania. Non sapeva il poveretto che in contemporanea il suo collega Ettore Rosato diceva che Italia viva aveva ormai deciso per l'autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, perché il caso è identico a quello della nave Diciotti, su cui tutti loro avevano votato sì (all'epoca dalle fila del Pd). Ieri la sceneggiata ha avuto fine con una intervista dello stesso Renzi in cui ha ufficializzato l'intenzione di votare sì alla richiesta avanzata dal tribunale dei ministri, ammettendo per altro di non avere ancora «letto le carte». Un po' di ipocrisia viene meno, e meno male: nella storia della Repubblica italiana nessun parlamentare (salvo poche eccezioni in giunta) ha davvero letto le carte nemmeno quando si trattava di autorizzare il carcere per qualcuno dei loro colleghi. Ogni decisione è sempre stata politica, presa dai vertici dei partiti e i parlamentari si sono sempre adeguati quando c'era il voto palese e se sorpresa c'è stata è avvenuta solo quando è stato ammesso il voto segreto. Talvolta anche in questo caso senza avere letto un rigo delle cosiddette carte, hanno scelto i magistrati temendo comunque di essere linciati dall'opinione pubblica. E il voto segreto è la sola vera carta che avrà Salvini per scampare il processo: basta che lo chiedano 10 senatori in aula, e che dica sì (cosa quasi scontata) il presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, unico giudice su questo. Stiamo parlando dunque solo di politica, e chi sta in maggioranza è ben contento di consegnare ai giudici un capo dell'opposizione ritenuto troppo forte e per giunta un po' gradasso e antipatico a molti suoi colleghi. Politica è anche la scelta di non arrivare a una decisione dell'aula di palazzo Madama prima del voto per le regionali in Emilia Romagna e Calabria perché un Salvini mandato a processo dai suoi colleghi farebbe la vittima avvantaggiandosene nelle urne, come insegna la storia. Anche se non cambierà nulla di tutto questo, le carte in verità esistono. Il tribunale dei ministri guidato da Nicola La Mantia, che è anche estensore dell'accusa a Salvini, scrive le stesse identiche cose che aveva già inviato in Senato all'epoca della nave Diciotti. Segnala che c'è una diversità tecnica fra le due navi, perché la prima era attrezzata per quel mestiere e la Gregoretti no, per cui a bordo c'era un bagno solo e i migranti non avevano altra scelta che dormire sul pontile in notti parecchio calde, perché si era a fine luglio. Ma salvo il comfort a bordo, la genesi delle due vicende e i passaggi tecnici sono pressoché identici, come il capo di accusa nei confronti di Salvini: “sequestro di 131 persone fra il 27 e il 31 luglio, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale e dall'abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché per avere commesso il fatto anche in danno di soggetti minori di età”. La procura di Catania aveva svolto le sue indagini chiedendo l'archiviazione di Salvini “per infondatezza delle notizie di reato”. Poi il tribunale dei ministri ha preso in mano il dossier, ha interrogato testi e svolto sue indagini, inviandole alla stessa procura. Il procuratore di Catania ha esaminato le nuove carte e il 26 novembre scorso ha ribadito la sua scelta giuridica: archiviazione anche con i nuovi elementi. Il tribunale dei ministri invece ha insistito, sostenendo che solo il Parlamento può stabilire se le scelte di Salvini erano state nel caso Gregoretti “politiche”, non giudicabili dalla giustizia ordinaria. Ma il capo di accusa da loro inviato in Senato non è corretto, perché in quei 5 giorni (un po' meno: 4 giorni e 16 ore) i migranti “sequestrati” non sono stati 131. Caricati a bordo erano infatti 135, ma il 27 luglio stesso davanti al porto di Catania dove la Gregoretti era appena arrivata sono stati fatti sbarcare una donna incinta, suo marito e i suoi due figli. Meno di 48 ore dopo sono stati sbarcati 16 ragazzi che si erano auto dichiarati minori alle autorità. Quindi i migranti trattenuti a bordo fino alle ore 17 del 31 luglio sono stati in tutto 115, e non 131 come scritto nell'atto di accusa. Cambia poco direte. Sì, ma visto che incrimini una persona, cerca almeno di essere preciso. Da che nasce l'accusa di sequestro di persona? Dal fatto- scrive il tribunale dei ministri- che i migranti non avevano “libertà di locomozione”. Ma se fossero sbarcati subito, l'avrebbero avuta? Questo è davvero il punto più fragile dell'accusa perché non avrebbero affatto avuto quella libertà. Sarebbero finiti come poi è accaduto all'hot spot di Pozzallo dove per lungo tempo sarebbero stati alcuni (i malati di scabbia e uno di tubercolosi) in quarantena, gli altri in una sorta di detenzione sia durante le procedure di identificazione che nell'attesa del riconoscimento eventuale dello status di rifugiato, del rimpatrio o della destinazione in altri paesi. Come sarebbe stato quel soggiorno? Esattamente come poi è stato, cosa di cui non frega a nessuno. Vi riporto un report a Pozzallo del 6 settembre scorso, quindi 37 giorni dopo lo sbarco dalla Gregoretti da parte di una associazione che lavorava con Asgi al progetto “In Limine”. Ecco la loro premessa dopo la visita all'hot spot: “Le politiche che definiscono il regime di trattenimento interno ai centri sono marcate da misure di controllo e sorveglianza attraverso trattamenti inumani e degradanti (…) nella prassi si presentano come luoghi contenitivi e selettivi dove i migranti sono lasciati in stallo per mesi in condizioni di violazione della libertà e di mancata assistenza legale e sanitaria”. Ecco i numeri trovati il 6 settembre 2019: “Nell'hotspot di Pozzallo sono presenti al momento circa 300 persone arrivate in periodi e con sbarchi differenti: 67 della nave della Guardia Costiera Gregoretti, 70 della nave Open Arms, decine di nordafricani giunti a Lampedusa e i 70 della nave Eleonore della ONG Lifeline arrivati lunedì scorso (...) La condizione all'interno della struttura sovraffollata è privativa e disagevole: i migranti raccontano che non ci sono posti letto per tutti e sono costretti a dormire per terra e in promiscuità, i bagni sono insufficienti, le condizioni igieniche sono critiche”. Meglio lì o sulla Gregoretti? Mah. Tanto la risposta non interessa a nessuno. Però c'è una certezza: gli stessi che ora voteranno sì all'autorizzazione a procedere sostenendo che Salvini è un sequestratore di migranti sia pure per 4 giorni, hanno tenuto gli stessi in prigione di sicuro per 40 giorni, ma probabilmente per molto più tempo sequestrandoli anche loro. Ecco, forse dovrebbero guardarsi un po' allo specchio....

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