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Spunta la mega-banca pubblica. Così Conte rifà la cassa del mezzogiorno

Filippo Caleri
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I soldi per salvare la Banca Popolare di Bari ci sono. Arrivanno dal fondo del ministero dell'Economia destinato «alla partecipazione al capitale di banche e fondi internazionali». La bozza del decreto discusso dal consiglio dei ministri per costruire una rete di sicurezza alla banca pugliese, commissariata dalla Banca d'Italia, spiega che le risorse sono «iscritte sul capitolo 7175 dello stato di previsione del ministero dell'Economia», rifinanziato per il 2020 «con la Sezione II» della legge di bilancio approvata nel 2018. Il primo ostacolo che il governo Conte ha trovato di fronte per salvare l'istituto è superato. Certo la posta in bilancio dovrà essere coperta con risorse fresche, con la cassa, insomma. E non è escluso che vista la carenza di cash non sia necessario ricorrere all'accensione di nuovo debito. Ma questo un secondo problema. Sì perché la somma in oggetto, circa 900 milioni di euro saranno usate con una formula inedita, che assomiglia molto a una riedizione della Cassa del Mezzogiorno. I soldi serviranno per un finanziamento alla società del Mef, Invitalia «fino ad un importo complessivo massimo di 900 milioni per il 2020», per rafforzare il patrimonio del Mediocredito Centrale «affinché questa promuova, secondo logiche di mercato, lo sviluppo di attività finanziarie e di investimento, anche a sostegno delle imprese nel Mezzogiorno, da realizzarsi anche attraverso il ricorso all'acquisizione di partecipazioni al capitale di società bancarie e finanziarie, e nella prospettiva di ulteriori possibili operazioni di razionalizzazione di tali partecipazioni». Insomma il governo Conte crea con la scusa della crisi della Popolare un braccio finanziario ad hoc per... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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