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Fondo Salva-Stati (degli altri), Conte avvocato del popolo tedesco

Dopo la rissa alla Camera scintille nel governo per il Mes

Andrea Amata
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La bagarre che si è sviluppata nell'aula parlamentare di Montecitorio, in seguito alle comunicazioni del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che ha inquadrato la riforma del fondo salva-Stati come versione definitiva, precisando che il «negoziato è chiuso», impone una presa di coscienza delle forze democratiche del Paese affinché non assistano passivamente allo svuotamento della sovranità nazionale. Gualtieri ha tentato di replicare alle critiche bollandole come «polemiche pretestuose» perché «il testo di riforma del Mes non è firmato», ma le sue obiezioni sono puerili perché se annunci la conclusione del negoziato, dunque inemendabile, smascheri il sentimento antinazionale del presidente del Consiglio «Giuseppi» Conte, che ha palesemente disatteso il mandato ricevuto dalle Camere lo scorso giugno. La risoluzione approvata dall'allora maggioranza pentaleghista impegnava il governo a notiziare le Camere sulle «proposte di modifica al trattato Mes, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato». Il presidente Conte ha negoziato un accordo non ottemperando ad un perentorio atto della maggioranza parlamentare, occultando i contenuti della trattativa che avrebbe dovuto esporre con trasparenza nella sede preposta a formulare valutazioni. Il Mes è un'organizzazione intergovernativa che gode di immunità giudiziaria, di esenzione di giurisdizione e della inviolabilità dei propri documenti. Così come è impostato il Mes pare ammantato da un'aura misterica che fa crollare l'impalcatura del nostro sistema democratico che è puntellato dal principio infungibile del controllo. Se viene meno la facoltà della rappresentanza democratica di poter accedere alla documentazione interna dell'organismo, attraverso la quale vigilare sulle azioni che adotta, si configura un'impenetrabilità nei suoi ingranaggi che è incompatibile con l'ordine democratico. Un Paese sovrano come l'Italia deve contribuire con 110 miliardi alla dotazione del Fondo, pregiudicando il proprio bilancio pubblico, e avere in cambio, in caso di insorgenza di crisi, un aiuto condizionato all'accettazione di rigorose e restrittive politiche economiche che verrebbero di fatto commissariate con l'effetto di una cessione di sovranità. L'obiettivo vero della riforma è anche quello di rendere funzionale il Mes alla gestione delle crisi bancarie e così poter intervenire nelle sofferenze della Deutsche Bank che è invischiata nella speculazione nel mercato dei derivati. Quindi, i burocrati di Bruxelles impongono al contribuente italiano di farsi carico delle perdite generate dalle bische speculative straniere dopo che la stessa Europa ha negato al governo nazionale di soccorrere con fondi autoctoni i risparmiatori di Banca Etruria. In più, il Mes, come fosse una sorta di Spectra finanziaria, detiene una cintura di protezione che rende inaccessibile il sindacato ispettivo con l'anomalia di beneficiare della prerogativa di non avere alcun obbligo di rendicontazione delle sue attività. Il Parlamento quale espressione della sovranità nazionale non può schienarsi agli interessi tedeschi, ma con lo sguardo alto e lungimirante deve respingere l'esproprio di sovranità che il sedicente avvocato del popolo (degli altri) vuole consumare.

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