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Giuseppe Conte e l'autonomia operaia del principe degli indignati

I Cinque stelle tuonavano contro la casta. Ora il loro premier cede ai privilegi del potere

Franco Bechis
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Tra i tanti a tuonare più o meno un anno fa contro quello che veniva ribattezzato come «Air Force Renzi», l'aereo ufficiale della presidenza del Consiglio, ci fu proprio il suo successore, Giuseppe Conte. Che ruppe il contratto di leasing tuonando: «Meno spreco di denaro pubblico, meno spese inutili». Chissà se in quella indignazione era compresa la leggenda diffusa da molti 5 stelle sul fatto che a bordo Matteo Renzi avesse imposto pure una vasca idromassaggio. Era falso. Ironia della sorte l'unico a farsi installare una cabina doccia con otto getti di idromassaggio è stato proprio ora Conte nel suo appartamento dentro palazzo Chigi. La spesa è stata di poche migliaia di euro, grazie al forte sconto (più del 40%) assicurato dalle imprese di Alfredo Romeo, cui è stata affidata la ristrutturazione dell'appartamento. Lì abitò pure Renzi da premier per quasi tre anni, si comprò un materasso nuovo a spese sue, e un divano letto per i figli che andavano a trovarlo. Paolo Gentiloni non ci mise mai piede. Conte - sempre con lo sconto - ha deciso di farsi sistemare a suo gradimento l'appartamento al prezzo di circa 22 mila euro, Iva inclusa. Pochi? Tanti? L'unica certezza che abbiamo è che la cifra è stata a lui offerta dai contribuenti italiani, compresa l'installazione della doccia con otto getti di idromassaggio. Diligenti i funzionari hanno annotato che ogni modifica avveniva espressamente «per esigenze del presidente del Consiglio». Già che c'era si è fatto mettere nell'alloggio più vigilato di Roma (sta dentro palazzo Chigi al terzo piano) anche una nuova porta blindata con spioncino per controllare chi mai dovesse bussare. Difficile capirne la ragione, visto che ogni ingresso a palazzo è rigorosamente filtrato, e le visite del premier scortate e blindate. Forse, dovesse bussare Luigi Di Maio con cui i rapporti sono tesini, Conte capito il pericolo dallo spioncino, sibilerebbe mutando voce: «Mi spiace, il premier non è in casa...». Abbiamo chiesto spiegazioni a palazzo Chigi di questi lavori «personali». Prima ci hanno detto che non esistevano, e non era vero. Poi di fronte alle fatture in nostro possesso, che si trattava di lavori obbligatori per la sicurezza decisi prima ancora che Conte arrivasse a palazzo Chigi, perché ad esempio «la tappezzeria alle pareti non era ignifuga...». Abbiamo pensato al rischio corso da Renzi e Gentiloni di diventare flambè, ma poi verificato: anche questo non era vero. Difficilmente per altro gli otto idrogetti della doccia possono essere motivati con «questioni di sicurezza» a cui il premier si sarebbe piegato. Sarà più rilassato dopo una doccia a massaggio integrale, e affronterà meglio la dura giornata di lavoro, per carità. Ma se davvero sta a cuore la sicurezza, suggerisco a Conte di non attivarli, perché provati in qualche albergo di lusso (a mie spese), i gettiti diventano assai malandrini soprattutto se il calcare li ostruisce un po'. Insomma, c'è un certo imbarazzo alla presidenza del Consiglio per questa piccola ristrutturazione di casa, e lo capisco. Come capisco la tentazione di chi sta al potere di usufruire di qualche piccolo privilegio offerto dalla carica. Basta solo poi non indignarsi con gli altri...

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