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Sicurezza, Regioni rosse alla Consulta. Salvini: "Se ne fregano degli italiani"

Matteo Salvini, ministro dell'Interno

Pronte ad aggiungersi Lazio, Emilia e Calabria

Dario Martini
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Le giunte regionali "rosse" fanno fronte comune contro il decreto Sicurezza e annunciano ricorso alla Corte costituzionale. E' ormai guerra aperta tra i governatori di centrosinistra e il ministro dell'Interno Matteo Salvini sul tema dell'accoglienza dei migranti. I primi ad annunciare ricorso alla Consulta sono i presidenti di Toscana, Piemonte e Umbria. A loro si potrebbero aggiungere anche quelli di Emilia Romagna, Lazio e Calabria. Secca la risposta su Facebook di Salvini: "Attenti! La priorità del Pd è raccogliere le firme per cancellare il decreto Sicurezza! Niente di nuovo: questi pensano ai clandestini e se ne fregano degli italiani. Ma chi li vota più???". La presidente dell'Umbria Catiuscia Marini ha proposto alla giunta regionale di sollevare la questione di costituzionalità di fronte alla Consulta rispetto al decreto sicurezza, ribadendo la sua ferma volontà "di mantenere inalterati i livelli dei servizi e dei diritti riconosciuti agli stranieri entrati regolarmente nel nostro territorio ed oggi posti in uno strano limbo e penalizzati dal decreto, con grave lesione dei diritti umani e del rispetto della dignità di ciascuna persona, una situazione che genera peraltro problemi sociali nelle singole città della regione e rende complicato l'intervento sociale da parte delle istituzioni locali". Il presidente del Piemonte, Sergio Chiamparino, invece ha fatto sapere di essersi anche consultato con la Toscana guidata da Enrico Rossi per preparare un ricorso inappuntabile: "Ho avuto conferma dalla nostra avvocatura che esistono le condizioni giuridiche per il ricorso alla Consulta, visto che il decreto impedendo il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, avrà ripercussioni sulla gestione dei servizi sanitari ed assistenziali, di nostra competenza, che la regione ha finora erogato ai migranti interessati - ha spiegato - Noi continueremo a fornire le cure necessarie, in base al principio universale che quando una persona sta male deve essere curata, ma sono evidenti le gravi conseguenze che il decreto avrà sul territorio regionale, creando di colpo una massa di "invisibili" di cui in qualche modo la regione e i comuni dovranno comunque occuparsi, nel campo della sanità e delle politiche sociali, con evidenti e paradossali ripercussioni negative proprio sul tema della sicurezza e della convivenza civile". L'invito ad ingrossare le fila degli oppositori al decreto è arrivato dal sindaco di Firenze, Dario Nardella, il quale ha messo in guardia i colleghi: "Bisogna fare attenzione a non intraprendere strade che rischiano poi di non avere un esito positivo. Per questo auspico che ci sia un fronte di tutte le Regioni così come spero nel direttivo nazionale dell'Anci del prossimo 10 gennaio si possa arrivare a una composizione quanto più larga possibile: già oggi tutti i sindaci sono, pur a in diversi modi, preoccupati delle conseguenze di questa legge". Il candidato alla segreteria del Pd, nonché governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, non ha ancora preso una decisione ma ha fatto sapere che "stiamo valutando il ricorso che deve essere cogente e preparato nel migliore dei modi. Due pilastri della questione sociale, sicurezza e civiltà, non vengano messi in discussione come fa il Dl Salvini. Trovo che questo decreto sia un passo indietro dal punto di vista della civiltà e della sicurezza". A Zingaretti potrebbe aggiungersi anche l'Emilia Romagna, guidata dalla giunta di centrosinistra di Stefano Bonaccini. "Come Regione - ha spiegato la vicepresidente Elisabetta Gualmini - non abbiamo competenze dirette sulla gestione dell'accoglienza, ma le abbiamo certamente sul sistema sanitario e se a una persona viene negato l'accesso ai servizi sanitari di base come causa della mancata iscrizione all'anagrafe è chiaro che si tratta di un problema e di una violazione dei diritti fondamentali. Dunque non escludiamo di fare ricorso".

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