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Sulla manovra è caos in Senato. Nella notte il voto sulla fiducia

Le opposizioni escono dalla Commissione in segno di protesta

Carlo Antini
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Maratona notturna, al Senato, per approvare il maxiemendamento alla manovra. Il testo di 270 pagine stravolge totalmente la legge di Bilancio, inserendo i dettagli scaturiti dall'accordo con la commissione europea e le misure su cui Lega e M5S si sono accordati all'ultimo. Le opposizioni, Pd, LeU e Forza Italia in testa, attaccano non solo il merito ma anche il metodo, con il «maxi» arrivato in zona Cesarini, per poi essere ancora limato direttamente nella commissione Bilancio a Palazzo Madama, senza alcun voto, ma solo una sostanziale ratifica, quasi alla cieca. Qualche ora prima era salita la tensione al Senato. Il Partito democratico ha chiesto a gran voce al presidente Casellati di sospendere la seduta prima del voto sul calendario dei lavori, che è stato comunque approvato. Alcuni senatori hanno occupato l'emiciclo costringendo così il presidente Casellati a sospendere la seduta, poi ripresa. Il Partito democratico denuncia la violazione del regolamento di Palazzo Madama e quindi dell'articolo 72 della Costituzione. Verrà perciò sollevato un ricorso diretto alla Consulta «affinchè si pronunci sulla enormità che si sono compiute, sotto i nostri occhi e sotto quelli del Paese, da parte di questo governo violento che se ne frega dei diritti del Parlamento», spiegano i dem. Ai banchi dell'esecutivo c'è il ministro dell'Economia Tria, i colleghi Centinaio e Fraccaro, ma non si vedono i vicepremier Di Maio e Salvini, che passa comunque a Palazzo Madama per seguire i lavori e assicurare: «Non stacco niente, si va avanti cinque anni». L'ex premier Matteo Renzi li attacca a testa bassa: questa è «la retromarcia dei populisti» perché «la realtà presenta il conto», ridimensionando le misure annunciate dal governo giallo-verde. «Potete ingannare tutti per qualche tempo, e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre», chiosa citando Abramo Lincoln. Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia, ironizza sulla «manovra del popolo» da votare «alle 2 di notte», quando «si aggira solo la Befana». «Avete paura di mostrare le opposizioni? Dateci voce!», attacca ancora Bernini, per poi sbeffeggiare i pentastellati, che promettevano di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, ma «vi è scappato il tonno», e «anziché una scatoletta aperta, volete farci approvare una manovra a scatola chiusa». Tra i cambiamenti «last minute» c'è lo stralcio di due novità. Una tocca alcune graduatorie della Pubblica amministrazione, prorogate ma con alcuni paletti. L'altra, più sostanziale, toglie la misura che imponeva una stretta agli autisti con conducente, gli Ncc. L'esecutivo prima parla di una «valutazione tecnica» delle nuove linee guida che «potrebbero comportare una scopertura», quindi annuncia che in Cdm notturno la norma rientrerà sotto forma di decreto. Il ministro per i Trasporti Danilo Toninelli cerca di rassicurare i tassisti, che già minacciavano nuovi blocchi perché i loro concorrenti Ncc sarebbero favoriti dalla mancanza di regolamentazione. «La norma che il viceministro Rixi aveva concordato con voi e con i rappresentanti degli Ncc, e che è uscita dalla manovra, verrà inserita in un apposito decreto - scrive su Facebook il ministro - Noi non ci rimangiamo la parola». Di fronte ad altri rilievi secondo cui erano diminuiti gli investimenti a bilancio, fonti di Palazzo Chigi sottolineano che «le risorse destinate nel prossimo triennio restano invariate, per un valore complessivo di circa 15 miliardi». Certo, a seguito dell'interlocuzione con l'Unione europea è stato ridotto di 2,1 miliardi l'ammontare trienniale a carico del bilancio dello Stato ma «tali risorse saranno pienamente compensate con i fondi strutturali», spiegano le fonti. Accordo in maggioranza, poi, per i lavori senza gara d'appalto per l'importo compreso tra 40mila e 150mila euro, mentre tra i 150mila e i 350mila sarà possibile procedere «previa consultazione di tre o più operatori economici». Per il caos e gli slittamenti, la maggioranza respinge l'idea di un «suk» con trattative estenuanti tra Lega e M5S, descritto da retroscena di stampa. C'è invece chi incolpa di tutto il ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, già finito sotto accusa da parte dei pentastellati nelle settimane passate. È comunque vicino alla scadenza, si sussurra tra i gialloverdi. Nel frattempo, comunque, c'è da portare a casa la manovra che non vedrà il via libera definitivo prima della fine della prossima settimana: la commissione della Camera per la terza lettura è stata convocata il 27 dicembre, l'Aula il 28 e 29.

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