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La secessione dalla Lega

Il Cav contro il governo di Salvini: "Noi all'opposizione". Idem, con distinguo, la Meloni. Il Carroccio va da solo tra rischi e sogni di gloria

Alessandro Giuli
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Una prece per il centrodestra che langue sepolto dall'implicito certificato di morte vergato ieri dal medico legale Silvio Berlusconi: quello di Matteo Salvini e Luigi Di Maio è un governo pauperista, voteremo no alla fiducia”. Più ancora delle parole del Cavaliere, tuttavia, conta la percezione d'un clima psicologico caliginoso, avvelenato dai miasmi del sospetto, gravato dalla pronuncia fatale della parola “tradimento” rivolta al capo della Lega; perfino dal silenzio carico d'incognite con il quale Salvini e i suoi lasciano defluire le accuse di aver mancato ai patti della coalizione. Un accordo complessivo c'era, sebbene Giorgia Meloni abbia addirittura negato d'aver sottoscritto qualunque lasciapassare per la scappatella pentastellata di Salvini. Tale accordo sarebbe finito in coriandoli e al suo posto campeggia invece un fragile contratto di governo gialloverde nel quale sono scolpite promesse legalitarie al limite del giustizialismo, intenzioni contraddittorie e regressive sulle infrastrutture (Tav e dintorni) e soprattutto vaghezze di circostanza su dossier incendiari come quelli che coinvolgono il mondo delle telecomunicazioni. Se i Fratelli d'Italia si aspettavano un canale di dialogo che desse loro voce in capitolo sulla composizione del governo e sulla squadra dei ministri, Berlusconi era piuttosto in attesa di garanzie circostanziate sulla rotta di un vascello dal quale è stato programmaticamente escluso. I piani di navigazione non lo rassicurano; la figura del capo di governo, l'avvocato Giuseppe Conte, lo lascia freddo e pensoso malgrado la sottile, realistica e bonaria rappresentazione che ne ha fatto ieri Luigi Bisignani su questo giornale... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI

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