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La sinistra e la storia. Ma quanta ipocrisia!

Il presidente della Camera Laura Boldrini

Alessandra Mussolini
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Già da qualche settimana è iniziata la campagna elettorale. Tra le diverse parti in campo sono in corso trattative, iniziative, scelta di candidati, redazione di programmi. L'obiettivo di tutti, almeno a parole, è ridare slancio e prospettive all'Italia, dopo anni di governi di centrosinistra che hanno mortificato gli Italiani e le loro speranze. Di fronte a questo scenario è stupefacente vedere come lo stesso centrosinistra, protagonista nell'affossare il Paese, unito a rappresentanti delle più alte cariche istituzionali, dimostratesi faziose e incapaci di creare un clima di pacificazione nazionale, e a forze sindacali schiave del loro eterno torcicollo e di un maleodorante vecchiume programmatico, manifestino contro qualcosa che non esiste più con una bandiera rossa in mano. È sciacallaggio culturale, un'ipocrisia che va avanti da troppo tempo in Italia e ora è giunto il tempo di dire basta! In nome di un antifascismo folkloristico, Renzi (quello che doveva lasciare la politica dopo la sconfitta al referendum costituzionale), la Boschi (quella che insieme a Renzi doveva lasciare la politica dopo la sconfitta al referendum costituzionale), Veltroni (quello che ogni volta, dopo le numerose sconfitte, affermava di voler lasciare la politica per l'Africa), la Boldrini (quella che vuole cancellare l'architettura fascista) e la Camusso (quella che difendeva disoccupati e pensionati a euro 3.850 netti al mese), si sono ritrovati a Como a giocare alla guerra contro la storia. Una storia nata circa 100 anni fa, in condizioni sociali, economiche, demografiche e industriali irripetibili e conclusasi definitivamente il 28 aprile 1945. Chi la vuole mantenere in vita, lo fa con l'unico strumentale scopo di rivitalizzare a comando l'unico possibile collante di un centrosinistra che ha fallito, incapace, dannoso e pericoloso per il futuro dell'Italia e delle nuove generazioni di Italiani. Partendo dalla proposta di legge Fiano sino alla pantomima comasca a tinte rosse, il centrosinistra, consapevole del proprio tracollo politico di questi anni di malgoverno, ha rispolverato un evergreen, l'antifascismo, e il «riempi pista» per eccellenza, «Bella ciao». Che poi per gli italiani le priorità siano l'immigrazione selvaggia, il lavoro che manca, il debito pubblico alle stelle, una tassazione iniqua e vessatoria, una giustizia zoppicante, i mancati risarcimenti ai correntisti truffati da Banca Etruria, poco importa. E se i commercianti di Como hanno condannato l'iniziativa perché ha danneggiato gli affari e ridotto gli incassi nel periodo natalizio chissenefrega, meglio buttarla in caciara e non rispondere delle proprie malefatte. Per fortuna molti di questi personaggi lasceranno definitivamente la scena della politica, non per scelta (non sia mai!) ma perché gli Italiani li manderanno a casa: lì avranno tutto il tempo per studiare una storia che per troppo anni hanno dolosamente mistificato al solo scopo di raggiungere le loro squallide mire. PS: Chissà se a Como c'era anche Giorgio Napolitano, il comunista padre nobile del PD, Presidente emerito della Repubblica, che all'indomani dell'occupazione sovietica dell'Ungheria del 1956 affermò che l'iniziativa era un elemento di stabilizzazione internazionale e un contributo alla pace nel mondo. Ma anche successivamente dalla sua bocca non uscì mai una dichiarazione sulle responsabilità sue e dei suoi compagni di partito, non una richiesta di perdono alle vittime (forse 25.000), non un'affermazione che definisse il comunismo «male assoluto». Se ci fosse stato sicuramente i «compagni» lo avranno acclamato, orgogliosi della loro triste e sanguinaria storia.

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