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Scontro Pd, Franceschini-Orlando sfidano Renzi sulle alleanze

Matteo Renzi

Silvia Sfregola
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Lo streaming non c'è, ma la resa dei conti Pd non rimane dentro le mura del Nazareno. Nonostante il presidente Matteo Orfini (che aveva 'oscurato' la direzione annullando la diretta video per non concedere "facili palcoscenici" a chi "guarda solo al suo ombelico") inviti i componenti della direzione ad evitare anche Tweet e post su Facebook i "panni sporchi" dem finiscono presto su social e agenzie. I dem tornano a spaccarsi sulle alleanze e non basta la relazione iniziale di Matteo Renzi che invita i suoi a parlare di cose concrete (avanti con lo Ius soli, "è una battaglia di civiltà", e con l'offensiva in Ue "va posto il veto sul Fiscal compact nei trattati", sottolinea) e a fare "gioco di squadra" a bloccare le voci critiche di Dario Franceschini e Andrea Orlando. Per il segretario il dibattito interno "interessa 3 o al massimo 300 persone", ma non la pensano così i dirigenti dem che nelle scorse settimane lo hanno attaccato. "Sono tra i 350 residuati bellici che pensa che si debba parlare del tema delle alleanze - ironizza il ministro della Cultura - Chi ha detto che abbiamo perso le amministrative perché non c'erano le coalizioni? Non io. Il problema è opposto, che non abbiamo vinto neanche avendo le coalizioni. Servono le proposte, serve la forza leader, serve l'azione di governo, serve l'organizzazione, ma servono gli altri, servono le alleanze", altrimenti il Pd "da solo non vince", scandisce. Franceschini, che alle primarie ha sostenuto Renzi, non ci sta a passare per chi parla per assaltare la diligenza: "Non mettiamo in discussione il segretario appena eletto dalle primarie: me lo ricordo che hai preso due milioni di voti ed è giusto che tu risponda a loro, ma non rinunciano per quattro anni a esprimere un pensiero e una parola - scandisce - Un segretario ascolta la comunità, la tiene insieme con pazienza, senza vedere dietro il pensiero di chi la pensa diversamente un tradimento o un complotto". Orlando si spinge oltre e fa nomi e cognomi: "Non facciamo caricature fra di noi. Nessuno vuole rifare l'Unione. Non sono nostalgico dell'Unione ma Pisapia non è Ferrero. Se siamo in grado di costruire coalizione perché nel frattempo c'è stato Pd. Al tempo dell'Unione il Pd non c'era", sentenzia. Per il Guardasigilli, quindi, bisogna "aiutare" l'ex sindaco di Milano e chi nel centrosinistra non è animato esclusivamente dall'antirenzismo a costruire l'unità. Anche Orlando promette rispetto all'esito del congresso e alle decisioni che il partito prenderà, ma chiede che anche rispetto per chi dissente: "Possiamo discutere - chiede - o ogni volta che qualcuno solleva una questione lo si deve additare come quello che vuole far perdere il Pd?". Renzi incassa i colpi, ma non arretra: "Per cambiare il paese bisogna avere un'agenda chiara. Non passerò i prossimi mesi a parlare di coalizioni, ma a parlare con l'Italia. Io voglio occuparmi di Pd, far vincere il Pd", ribadisce. Il segretario Pd attacca direttamente a Orlando: "Capisco che tu voglia aiutare Pisapia ma io voglio aiutare il Pd". E a chi dice 'non chiedeteci di rinunciare alle nostre idee', il segretario replica: "Non chiedetelo a noi che abbiamo vinto". Alla fine la relazione di Renzi viene approvata all'unanimità. C'è il sì di Franceschini, mentre non partecipano al voto gli orlandiani e i i delegati di Fronte democratico, l'area che fa campo a Michele Emiliano. La colonna sonora di una direzione che tutto fa tranne che riappacificare le anime dem prima della pausa estiva (forse qualcosa in più potrà la conferenza programmatica che il segretario annuncia per l'autunno) la sceglie implicitamente lo stesso Renzi quando chiude la sua replica citando Francesco Guccini: "Ognuno vada dove vuole andare, ognuno invecchi come gli pare, ma non raccontare a me che cos'è la libertà", dice. "Quattro stracci", è il titolo. "Oggi ne sono volati", commentano i più.

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