Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

È Catricalà la prima vittima del caos azzurro

A__WEB

L'ex sottosegretario ritira la candidatura alla Consulta mai digerita dai frondisti di Fi. Nel partito riesplode la rissa. Fitto contro Rossi: «Non può dare patenti a nessuno»

  • a
  • a
  • a

Giovanni Toti parla di «mezzo patto della fraschetta» per celebrare l'apertura della Lega ad Alfano in vista di un'alleanza alle Regionali. Il Mattinale evoca la «coesione nazionale» per superare la difficile congiuntura economica. Ma l'impressione è che, in Forza Italia, più che delle alchimie esterne dovrebbero preoccuparsi di quanto sta accadendo nei confini del partito. La scelta dei nomi da votare per la Corte Costituzionale ha riportato gli azzurri a una contrapposizione che, in realtà, con la Consulta ha poco a che fare. La ribellione contro Antonio Catricalà, designato da Berlusconi e Letta, oltre a provocare il passo indietro di ieri dell'ex sottosegretario di Monti, racconta di un partito sempre più insofferente all'asse creatosi tra l'ex Cavaliere e Matteo Renzi. Al punto che non si contano, ormai, tutte le occasioni in cui i parlamentari azzurri, in special modo al Senato, hanno votato contro le indicazioni di Arcore. Non male, per un partito accusato in passato di avere un deficit di democrazia interna. Non solo. La poca presa che ormai Berlusconi ha sui gruppi parlamentari è testimoniata anche dalla riluttanza degli eletti «morosi» che da tempo non versano gli 800 euro mensili dovuti al partito. Tra i parlamentari sarebbero una cinquantina, molti di più tra i quadri locali. Quanto basta per creare un buco da oltre 2 milioni di euro nefasto per un partito alle prese con lo stop ai finanziamenti pubblici e il tetto a quelli privati. Ed è stato proprio questo tema a far riaccendere la miccia dello scontro. Perché la tesoriera Maria Rosaria Rossi, dopo le minacce in privato, ieri è passata all'attacco in pubblico. In un'intervista a Repubblica ha detto che i morosi «non possono stare nella nuova Forza Italia», ha preannunciato che in futuro «sarà candidato un Berlusconi» e ha chiarito una volta per tutte che «da noi le primarie non sono previste». Praticamente tutto il contrario di quanto va ripetendo da mesi Raffaele Fitto, «leader» dell'area frondista. Che infatti ha replicato con durezza: «Lascia allibiti - ha scritto su Facebook - il fatto che Berlusconi consenta alla senatrice Rossi di distribuire, controllare, rilasciare o ritirare "patenti" sulla legittimità dello stare nel partito, e sulla correttezza o meno delle opinioni e delle tesi politiche altrui». «È sempre più forte - la conclusione - il disagio di tanti colleghi parlamentari, di amministratori, iscritti e militanti, per un metodo che addolora e lascia perplessi». E mentre c'è chi, come Maurizio Gasparri, prova a riportare la calma («condivido e rispetto l'invito di Berlusconi a evitare polemiche»), la prima vittima dello scontro è, come detto, Antonio Catricalà, che ha ritirato la sua candidatura alla Consulta (peraltro sabotata da almeno una settantina di franchi tiratori azzurri) senza risparmiarsi qualche accento polemico: «Non vorrei mettere a rischio la mia immagine professionale». Cosa succederà adesso? Difficile che Berlusconi accetti di convergere su Donato Bruno, il senatori di Fi votato da ben 120 colleghi. Potrebbe apparire come un cedimento ai «ribelli». Più facile che si cerchi un nuovo nome e che sia ratificato nel prossimo incontro con Matteo Renzi, in calendario martedì. Quando l'ex Cavaliere tornerà a Roma e proverà anche a rimettere ordine tra le file del partito. Un'impresa che, dalla condanna subita nel processo Mediaset, gli è riuscita poche volte.

Dai blog