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Monti e Casini separati in casa

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Il leader Udc scarica il premier su Mps: «Monaci in lista? Hanno deciso loro»

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Paroleche il più delle volte scivolano via senza lasciare il segno. Ma che in realtà tradiscono un certo nervosismo in casa montiana. Dove, nonostante le dichiarazioni di stima reciproca, la situazione sembra essere quella dei separati in casa. Un motivo c'è. Mario Monti avrebbe sicuramente preferito fare da sé, senza il sostegno di Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini. Che saranno anche i più fedeli sostenitori del Professore, ma rappresentano, esattamente come Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani, gli ultimi 18 anni di politica italiana. La legge elettorale, e il pressing che Udc e Fli hanno esercitato per convicerlo a candidarsi, lo ha costretto a fare di necessità virtù. Tutti insieme appassionatamente. Ma solo al Senato. Alla Camera Monti ha preferito mantenere le distanze dai suoi compagni di viaggio. Che oggi, appena possono, non perdono occasione per levarsi di dosso l'etichetta di «impresentabili». Soprattutto Casini. Il primo battibecco qualche giorno fa. Monti, ospite di Radio Anch'io, spiega che «adesso ognuno va per la sua strada, Casini ed io, in modo coordinato sullo stesso progetto politico, intepretato in modi diversi, ma con piena armonia». Un modo carino per smarcarsi senza rompere cui Pier Ferdinando risponde con malizia: «Senza l'Udc Monti non sarebbe arrivato a Palazzo Chigi». Insomma, il Professore deve capire che non può separare la propria sorte da quella del resto della coalizione. Né pensare di spazzare via la «vecchia politica» come se niente fosse. Soprattutto se poi, tra i volti nuovi scelti da Monti, compare anche qualche personaggio che, come accade in questi giorni, proprio nuovissimo non è. Il riferimento è Alfredo Monaci, terzo candidato di Scelta Civica nella circoscrizione Toscana della Camera. La sua carriera è legata a doppio filo al Monte dei Paschi di Siena. Doveva diventare vicepresidente della banca, la sua mancata nomina ha provocato la crisi della giunta comunale con le dimissioni di Franco Ceccuzzi. Alfredo, assieme al fratello Alberto presidente del consiglio regionale della Toscana eletto nel Pd, rappresenta l'anima ex Ppi dei Democratici transitata attraverso la Margherita. Ed ha sempre avuto una certa influenza nella gestione della Fondazione. Oggi, in polemica con chi ha stoppato la sua ascesa, si è schierato con Monti. Occasione ghiotta per il partito di Bersani che ha subito cavalcato l'argomento utilizzandolo per difendersi dagli attacchi su Mps. Ieri, ospite di Maria Latella su SkyTg24, Casini è stato interrogato sull'argomento. Prima ha criticato il candidato premier del centrosinistra per la reazione «sopra le righe»(«Non c'è bisogno di urlare quando si è sereni»), poi, chiamato ad esprimersi sulla candidatura di Monaci, ha volentieri scaricato la responsabilità su Monti. «Dovete chiederlo a lui - ha risposto -. Abbiamo diverse amministrazioni. Io sono candidato nella lista Monti al Senato, questo riguarda la Camera. È una scelta che hanno fatto loro». Dove per «loro» non si intende solo il Professore, ma anche il suo «selezionatore» Enrico Bondi. L'uomo che si è occupato di vagliare i curriculum dei possibili candidati. Come a dire, nessuno è infallibile. Nemmeno quelli che vorrebbero mostrarsi diversi e migliori dei politici di lungo corso. Battute a parte, Casini continua a ribadire che i rapporti con il premier sono ottimi. Non potrebbe essere altrimenti. Se, come sembra, Scelta Civica dovesse ottenere 35 senatori, 10-11 saranno dell'Udc e 3 di Fli. Non la maggioranza del gruppo, ma una componente importante cui potrebbero aggiungersi anche gli ex Pd ed ex Pdl transitati nelle file montiane. Un vero e proprio «tesoretto» che il leader centrista potrà gestire indipendentemente da Monti. Magari per diventare presidente di Palazzo Madama.

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