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Il gip «demolisce» la legge salva Ilva

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Ricorso Il giudice Todisco invia gli atti alla Consulta: la 231 violerebbe 17 articoli della Costituzione Lo stabilimento ha presentato alla Procura una nuova istanza di dissequestro dei prodotti giacenti

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Lalegge «Salva Ilva» violerebbe ben diciassette articoli della Costituzione, si porrebbe «in stridente contrasto con il principio della separazione tra i poteri dello Stato» e usurperebbe la magistratura delle sue funzioni, in quanto «il legislatore si è di fatto atteggiato quale giudice di istanza superiore rispetto ai provvedimenti cautelari legittimamente adottati»: è questa la tesi con la quale il gip di Taranto, Patrizia Todisco, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sulla legge 231 che dovrebbe regolare l'attività industriale del siderurgico jonico. Negli atti inviati ieri alla Consulta, tutto ruota intorno agli articoli 1 e 3 della legge, che di fatto autorizzano l'Ilva a produrre e commercializzare i prodotti finiti e semilavorati (compresi quelli realizzati prima del loro sequestro). Per la Todisco gli articoli in questione - che depotenziano fino ad annullare gli atti già emessi dai magistrati tarantini - baipasserebbero «la riserva di funzione giurisdizionale attribuita alla magistratura quale ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere» e «confliggono con il dovere dell'ordinamento di reprimere e prevenire i reati attraverso l'azione autonoma ed indipendente della magistratura, pubblici ministeri e giudici». Il potere giudiziario avrebbe quindi le armi spuntate da una legge che «polverizza» i due provvedimenti giudiziari (emessi il 26 luglio 2012 e il 26 novembre 2012, ndr), garantendo all'Ilva di proseguire «in ogni caso» «nell'attività produttiva e a commercializzare i prodotti derivanti, compresi quelli già sottoposti a sequestro preventivo». E questa deroga avverrebbe in un quadro inalterato per quanto concerne la normativa sull'inquinamento e l'ambiente, su cui vertono le misure disposte a tutela della salute dai magistrati di Taranto. È ormai in corso da settimane una partita a scacchi tra Tribunale e Procura da un lato e il governo dall'altro, in merito ad un disposto legislativo che l'esecutivo Monti prima e il parlamento dopo hanno approvato al fine di dare continuità alla produzione dell'acciaio nello stabilimento pugliese, seguendo i più avanzati e restrittivi parametri contenuti nell'Aia. E oggi arriva in città il ministro dell'Ambiente Corrado Clini. Subito dopo gli incontri istituzionali (sarà presente anche il garante per l'attuazione dell'Aia Vitaliano Esposito, Clini potrebbe incontrare anche il procuratore capo di Taranto Franco Sebastio, che in merito alla possibilità di adozione di un lodo Ilva per uscire dall'attuale impasse, ha replicato con una battuta: «Il mio lodo? Il codice di procedura penale e la legge costituzionale». Sia l'ufficio del gip del Tribunale jonico Patrizia Todisco che dal Tribunale in funzione di giudice d'appello, però, hanno inviato alla Corte Costituzionale rilievi che tratteggiano profili di dubbia legittimità costituzionale nella legge 231. L'orientamento concretizzatosi nell'invio degli atti alla Consulta da parte della Todisco ha l'effetto di cristallizzare il sequestro delle ordinazioni già completate e giacenti sulle banchine del porto, materiale il cui valore è stimabile un miliardo di euro. E sempre ieri l'Ilva ha presentato una nuova istanza alla Procura per chiedere «la revoca del provvedimento di sequestro preventivo» che blocca la merce dalla fine dello scorso novembre mentre il presidente Bruno Ferrante ha riaffermato la volontà di impiegare le risorse che giungerebbero dalla vendita di questo acciaio per le opere di ambientalizzazione previste dall'Aia e per il pagamento degli stipendi degli operai.

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