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L'accordo con la Lega vale una retromarcia sulla candidatura a premier.

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Maper portare a casa il via libera ha dovuto annunciare che sarà solo il leader della coalizione. «La Lega partecipa con noi al centrodestra – ha raccontato di prima mattina a Tgcom24 – Quanto alle elezioni abbiamo deciso di decidere in un momento successivo. Il candidato premier sarà indicato dal presidente della Repubblica e in democrazia è quello del partito che ha preso più voti». Una scelta che il Cavaliere però non vuole far passare come un passo indietro: «È solo la conferma che non sto cercando posti fatti per ambizione politica». C'è però un altro ruolo che Berlusconi si è ritagliato in caso di vittoria, quello di essere il ministro dell'economia «perché con tutto quello che sta succedendo e con la crisi che si prolungherà anche nel 2013, bisognerà lavorare moltissimo». Per la poltrona di premier ha invece fatto balenare l'ipotesi che sia Angelino Alfano, mentre la Lega ha rilanciato con Giulio Tremonti. Che in serata ha commentato: «Deciderà chi vincerà». Secca la replica del Cav: «Tremonti è una "persona particolare, molto intelligente ma difficile. Gli manca il talento di tenere unito il gruppo. Dopo poco che ci parli, capisci che Tremonti pensa: "lui è un cretino e io sono intelligente". Questo non fa fare squadra». Ma quella con il Carroccio è sembrata un'alleanza pagata davvero a caro prezzo. In molti nel Pdl hanno infatti storto il naso davanti a un accordo dove i vincitori sono sembrati essere solo i leghisti. Per aver imposto la candidatura alla guida del Pirellone e per aver costretto il Cavaliere a rinnegare, dopo quasi 18 anni, la riforma elettorale che prevede l'indicazione, prima del voto, dell'eventuale presidente del Consiglio. Ora invece si torna al punto di partenza. Con il rinvio della scelta del premier al dopo elezioni. Ed è contento infatti Roberto Maroni, nonostante i tanti commenti contrari all'alleanza con il Pdl che sono piovuti sul suo profilo Facebook: «È un accordo che mi soddisfa molto perché posso ragionevolmente affermare che in Lombardia si vince e significa dare attuazione al progetto che ho esposto al congresso federale del primo luglio, governare le regioni del Nord, costituire la macroregione e trattenere il 75% delle tasse». Berlusconi intanto ha mandato in soffitta anche il progetto di rinnovare simbolo e nome del partito, nonostante avesse più volte annunciato di essere pronto a cambiarlo perché non aveva più «appeal». Ieri, intervenendo a radio Rtl, ha spiegato che tutto resterà come prima: «Nel prossimo consiglio di presidenza del Pdl verrà ufficializzato il simbolo, che è quello delle passate elezioni: Pdl, con sotto la scritta Berlusconi presidente». E per recuperare quei voti che servono ad arrivare alla soglia del 40% di consensi Berlusconi è pronto anche a partecipare alla trasmissione «Servizio Pubblico»: «Andrò da Santoro perché è l'unico che mi ha offerto la prima serata – ha attaccato – e poi dopo che sono stato assente delle Tv per 13 mesi sono in credito con il Pd. Non ho niente da nascondere e sono di natura un guerriero. Gli altri hanno molta strizza». Domani invece sarà ospite di Bruno Vespa a «Porta a Porta». Infine un'apertura a riconoscere diritti alle coppie di fatto, comprese quelle omosessuali che ha provocato qualche perplessità nel partito. «Però – ha puntualizzato l'ex premier – serve la maggioranza in Parlamento per cambiare il Codice civile». E se l'ex ministro Mara Carfagna esulta, Quagliariello, Sacconi, Roccella e Calabrò frenano: «Coloro che, per disattenzione o malafede, parlano di cambio di rotta o di incongruenza con la difesa del matrimonio tra uomo e donna e la famiglia come descritta nella nostra Costituzione saranno facilmente smentiti con la lettura del documento sulle unioni civili che lo scorso mese di agosto registrò l'adesione di più di 150 parlamentari del Pdl».

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