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Napolitano incorona Monti «Con lui evitato il baratro»

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Il Capo dello Stato loda il governo davanti agli ambasciatori internazionali «Ora non disperdiamo il patrimonio di credibilità recuperato dall'Italia»

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a.Il Capo dello Stato, dopo aver smentito con forza le indiscrezioni su un incrinamento dei rapporti col Prof in seguito alla decisione di quest'ultimo di schierarsi nelle prossime elezioni, approfitta della Conferenza degli ambasciatori alla Farnesina per ribadire la sua vicinanza a Monti. E per auspicare che, chiunque ne prenderà il posto, non disperderà il patrimonio di credibilità internazionale che l'Italia ha accumulato negli ultimi 12 mesi. « Alla fine di un 2012 difficile e alla vigilia di un 2013 denso di incognite - ha detto Napolitano - la sfida che abbiamo dinanzi è quella di consolidare e dispiegare l'alto tasso di rinnovata credibilità e affidabilità su cui oggi l'Italia può contare nel mondo». Il riferimento indiretto è a Silvio Berlusconi, «colpevole» per il Colle di aver fatto perdere autorità al Paese e tornato, con l'incalzante campagna elettorale degli ultimi giorni, a mettere in discussione i principi dell'europeismo. Tutto il contrario di quanto avrebbe fatto Monti. «Il contributo del premier - ha spiegato il Presidente della Repubblica - rimanda ad altri europeisti italiani di forte convincimento e passione, da Luigi Einaudi a Nino Andreatta, da Guido Carli a Carlo Azeglio Ciampi, da Tommaso Padoa Schioppa a Mario Draghi che sta dando così alte prove nel suo decisivo ruolo da un anno a questa parte». Un contributo, quelle di Mario Monti, che secondo Giorgio Napolitano è stato all'insegno dei sacrifici per il popolo italiano. Ma al tempo stesso indispensabile per preservare l'autonomia del Paese: «Solo le forti misure prese da governo e parlamento ci hanno evitato il rischio di scivolare in una condizione di "sorvegliata speciale" dell'Unione e del Fondo Monetario Internazionale. Stiamo facendo questo sforzo ampiamente riconosciuto dai nostri partner, non solo europei, e dai mercati, per noi stessi e per le prossime generazioni, e in questo spirito dobbiamo portarlo avanti, non per soddisfare vincoli o diktat esterni». Un manifesto programmatico che, alla vigilia del voto e dell'addio al Colle, è quasi un testamento istituzionale.

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