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Giulio Tremonti, ex ministro dell'Economia, ha aperto il dibattito sul futuro dello stabilimento dell'Ilva di Taranto.

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Insommadopo anni di pensiero «unico» sulla gestione integrale dell'economia da parte dei privati le prime crepe si cominciano ad avvistare. La conversione dell'ex ministro si iscrive in un solco che lo stesso aveva tracciato nella fase finale del suo mandato. Quando la sua più o meno palese intenzione era quella di rifondare, attorno al polmone finanziario della Cassa depositi e prestiti, una nuova Iri puntata alla difesa dei settori considerati strategici per la Nazione. Ora certo l'acciaio è meno strategico rispetto al passato vista la minore rilevanza dell'industria pesante nelle economie più sviluppate. Sono i paesi emergenti ad avere una maggiore necessità di infrastrutture e le produzioni di questo genere sono state naturalmente spostate verso ad esempio Cina, India ed Estremo Oriente. La situazione di Taranto presenta però degli elementi che rimettono in discussione la strategicità di questo settore in Italia. Senza i prodotti tarantini si fermano le aziende della filiera a Genova e in altre zone del Paese. Costringendo le imprese ad approvvigionarsi all'estero e con maggiori costi. Insomma una «situazione tragica» come ha spiegato Tremonti che riapre il dibattito sulla contemporanea presenza nell'economia di imprese pubbliche accanto a quelle private. Una presenza che, nella concezione europea è vista come fumo negli occhi ma sulla quale, causa crisi strutturale indotta anche dalla globalizzazione, si sta lentamente tornando indietro. Risultato: anche a Bruxelles l'idisioncrasia per lo Stato nella gestione degli affari economici si sta indebolendo. Gli esempi non mancano anche in altri comparti. Come non considerare un segnale in questo senso la partita dei «Monti bond» per capitalizzare il Monte dei Paschi di Siena e che prevedono l'ipotesi che lo Stato torni socio forte di una banca. Un'eresia solo fino a qualche anno fa. E che oggi è solo oggetto di discussione tra il ministero del Tesoro e l'eurocommissario Almunia. Non si prevedono comunque bracci di ferro e dispute con carte bollate almeno dai primi commenti. E ancora il settore delle telecomunicazioni. Dopo anni di liberalizzazione selvaggia che hanno indubbiamente portato vantaggi considerevoli ai consumatori ora, nelle stanze europee, si discute della possibile non disapprovazione verso alcune forme di monopolio. Come quello sulle reti. Che in fondo possono tranquillamente tornare nelle mani dello Stato concedendo agli operatori la parità di accesso e la battaglia su prezzi e condizioni. Nei corridoi europei di questa non più supina accettazione delle regole liberali nella loro integrità, in questi giorni si parla. E la discussione non a caso investe l'Ilva che può rappresentare il punto di partenza di un nuovo approccio dello Stato nelle cose economiche. Intanto oggi il decreto legge sullIlva arriva al Quirinale e, con la firma del presidente della Repubblica, il probabile conflitto istituzionale tra la procura di Taranto e il Governo si materializzerà.

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