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Alcuni Paesi dell'Eurozona «hanno vissuto in un mondo di favola», sottovalutando «un deficit e un debito ritenuti sostenibili per anni per poi rivelarsi insostenibili».

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AParigi per il convegno annuale «les Entretiens du Tresor», Draghi e Lagarde a tratti sembrano parlare all'unisono, mentre anche Vittorio Grilli, il ministro dell'Economia, spiega che l'accordo sulla Grecia e la Spagna «stanno dando credibilità all'Europa», e invita a «lavorare per rafforzare questo convincimento». Draghi, dopo aver confermato una ripresa nell'Eurozona nella seconda metà del 2013 con una Bce «pronta a fare tutto il necessario per salvare l'euro», rivendica gli «effetti significativi» del piano anti-spread annunciato dalla Bce. Draghi ribadisce che le riforme strutturali attuate nei paesi eurozona e in particolare nei Paesi sotto il tiro dei mercati «vanno nella direzione giusta ma molto ancora resta da fare». Occorre approfittare della recenti stabilizzazione dei mercati per approfondire le riforme del mercato del lavoro e dei prodotti allo scopo di rendere più competitive le economie. «La stabilizzazione in atto sui mercati dipende, in maniera cruciale, dalla determinazione dei governi». Devono accelerare sull'unione bancaria, di bilancio, sull'unione economica che spinga la crescita, e «su un'unione politica» con «sovranità condivisa» e «legittimazione politica». Il presidente della Bce va a toccare il nodo più difficile, quella sovranità «da condividere» che, relegata ai confini nazionali, rende «fragile» l'Eurozona, con gli attuali squilibri, che vedono i Paesi del Nord in surplus corrente e quelli del sud in deficit, che rischiano di «diventare una seria minaccia alla stabilità dell'eurozona». Draghi si dimostra preoccupato per la persistenza degli «ampi squilibri» che derivano dal fatto che alcuni stati sono permanentemente creditori (la Germania è il più grande creditore, anche se Draghi non l'ha citata espressamente) e stati Eurozona permanentemente debitori. Lagarde evoca per l'Eurozona politiche economiche «asimmetriche»: implicitamente, è l'invito alla Germania e ai Paesi in forte surplus a stimolare la domanda interna così sostenendo la crescita di quelli in deficit alle prese con una forte stretta fiscale. L'ex ministro francese ricorda che l'Unione bancaria è una «priorità» perchè non basta una bella dichiarazione, ma serve una chiara prova di solidarietà europea. E, proprio come Draghi, chiede una maggiore integrazione di bilancio nell'eurozona, uno strumento importante per meglio «affrontare e prevenire le crisi ed evitare che gli shock a livello nazionale diventino sistemici». Fra gli invitati a intervenire c'è anche Grilli: l'Unione fiscale - dice al pubblico prima di un colloquio bilaterale con il collega francese Pierre Moscovici - «non significa dare tutto al centro ma creare un sistema di sussidiarietà che abbia un senso logico. L'Italia - prosegue il ministro - auspica una vigilanza bancaria unica sotto il controllo della Bce, e le sue banche si sono mosse con anticipo sulle ricapitalizzazioni». Roma - prosegue - è a favore di «una maggiore integrazione economica e politica europea». Sulla stessa linea anche il ministro dell'Economia transalpino, che spiega come la crisi abbia «messo in evidenza la necessità di completare la zona euro», e in particolare l'urgenza di agire su tre «insufficienze»: «stabilizzazione degli shock», gestione dell'eterogeneità e governance istituzionale. Un'ipotesi in questo senso, secondo il governo francese, potrebbe essere quella di istituire un «ministro» europeo per la zona euro, «che, in un modo o nell'altro, deve poter affrontare la sanzione del voto dei cittadini».

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