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Il diktat di Monti: sì all'intesa solo se c'è la tutela sullo spread

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Braccio di ferro con la Merkel che vuole uno «zar» con ampi poteri sui bilanci dei Paesi

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MarioMonti mette subito le carte in tavola: l'Italia è pronta a mettere il veto sull'accordo se non sarà varato un meccanismo anti-spread. Uno scontro durissimo, al punto che quando il presidente Van Rompuy, durante la conferenza stampa serale, annuncia un accordo vicino, senza citare le riserve dell'Italia, si apre un incidente diplomatico e la delegazione italiana fa sapere di essere «stupita». Monti ha richiamato tutti alle proprie responsabilità: l'Italia si riserva di dare il proprio sostegno solo se ci sarà un accordo finale sull'insieme dei temi, incluso un meccanismo che tuteli i paesi virtuosi dallo spread. Perchè i punti finora trattati, ivi inclusa la crescita, non possono considerarsi chiusi. La due giorni del Consiglio Ue si è aperta con grande scetticismo sulla possibilità di arrivare a un risultato. Prima di avviare i lavori è arrivata un'intervista del ministro tedesco delle Finanze Schaeuble che lasciava intendere una timida apertura alla proposta del premier Mario Monti; ovvero l'uso dei fondi di salvataggio per l'acquisto di titoli di stato dei Paesi virtuosi in difficoltà, «purché non avvenga su richiesta dei governi». Quanto agli Eurobond, il ministro ha detto che «c'è una disponibilità ad accettare la mutualizzazione del debito ma soltanto se ci sarà uno zar europeo a vigilare sui conti pubblici dei 16 paesi dell'euro». La Germania quindi propone la creazione di un commissario politico ai bilanci, uno zar delle finanze, una figura che potrebbe quindi intervenire direttamente nei bilanci degli Stati membri, bocciare i bilanci nazionali che non siano in linea con regole dell'Unione monetaria e sanzionare i membri inadempienti con multe e altre misure. Le dichiarazioni di Schaeuble sono state intepretate come «distensive» al punto tale che il ministero delle Finanze è intervenuto subito dopo con una nota ufficiale per precisare che la posizione di Berlino non è cambiata: niente eurobond senza Unione dei bilanci e niente scudi anti-spread al di fuori delle regole attuali. «Dobbiamo esser certi che venga avviato un percorso irreversibile su una politica di bilancio comune», ha detto Schaeuble. Nelle intenzioni di Berlino si tratta di una chiara cessione di sovranità nazionale. In serata è arrivata la proposta della Finlandia, Paese in asse con la linea rigorista della Germania. I fondi salva-stati europei, Efsf ed Esm, potrebbero parzialmente garantire l'emissione di bond italiani e spagnoli, se Roma e Madrid forniranno in cambio collaterali sotto forma di entrate fiscali garantite e asset del governo. Secondo quanto chiarito dal ministro finlandese Stubb, questa proposta sarebbe «una via di mezzo» tra il non concedere alcun aiuto ai Paesi dell'eurozona più deboli e una piena mutualizzazione del debito, «una risposta a quanti rimproverano a Finlandia, Germania e Olanda di dire sempre no su tutto». Immediata la reazione dello staff italiano che ha giudicato la proposta finlandese «parziale perché legata ad un progetto specifico nel settore immobiliare. Inoltre potrebbe avere conseguenze negative il fatto che alcuni bond avrebbero una garanzia ed altri no, senza contare che già ora l'Italia potrebbe vendere alcuni asset». A favore della proposta di Monti di varare uno scudo anti-spread si è invece speso il presidente del parlamento europeo Martin Schulz. Anche perchè, ha detto, «non possiamo permettere che la Bce presti denaro alle banche con un tasso dell'1% e i tassi dei titoli pubblici siano al 6-7%». Una convergenza c'è invece sul pacchetto da 130 miliardi euro di misure per la crescita. È il «growth compact», il patto per la crescita sostenuto a più riprese dal presidente della Bce Mario Draghi. Il documento che il Consiglio Ue ha presentato - vincolante come impegno a livello politico dei leader - propone di «lanciare immediatamente» il progetto pilota dei project bond, con 4,5 miliardi di euro da sbloccare subito per rimettere in moto il volano degli investimenti nei trasporti, l'energia e la banda larga. Con la fiducia delle imprese ai minimi, per rivitalizzare gli investimenti viene inoltre rilanciato il ruolo della Bei con un aumento di capitale da 120 miliardi che punta ad aumentare di 60 miliardi la capacità di prestito dell'istituto: dovrebbero liberarsi, nelle stime fatte nel documento uscito dagli uffici del presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, investimenti per 180 miliardi. Lo stesso bilancio dell'Unione - si legge - deve diventare «un catalizzatore per la crescita». Nel documento pronto per l'approvazione si parla anche di rimozione delle barriere al mercato unico europeo, un pacchetto che la Commissione Ue presenterà entro il prossimo autunno. Grande peso è attribuito alla realizzazione del «mercato unico digitale entro il 2015», e sono previsti «ulteriori sforzi» per ridurre la proliferazione di leggi e leggine: si parla di «smart regulation». Un altro pilastro è il «completamento del mercato energetico interno entro il 2014».

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