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Rinunciare a una settimana di ferie per far crescere dell'1% il valore del Prodotto Interno Lord

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Èla provocazione del sottosegretario all'Economia Gianfranco Polillo durante un convegno a Roma. Solo una boutade? Assolutamente no. Anzi, a sentire Polillo si tratta di una proposta che è in «fase di studio e riflessione». «Per far ripartire l'economia serve uno "choc" - ha spiegato il sottosegretario - e per aumentare la produttività nel breve periodo la ricetta è un aumento dell'input del lavoro senza variazioni di costo». «Se noi rinunciassimo a una settimana di vacanze - la conclusione - avremmo un impatto immediato sul Pil di circa un punto percentuale». In un Paese già prostrato dai sacrifici un'uscita del genere può scatenare un mare di polemiche, eppure Polillo è sembrato convinto della disponibilità degli interlocutori: «Lavoriamo mediamente nove mesi all'anno - ha attaccato - e questo periodo è troppo breve. Neanche i sindacati sono contrari, almeno la parte più avveduta che sta riflettendo per conto suo su questo; all'interno di ogni sigla, Cgil compresa, ci sono settori illuminati e riformisti che ci stanno ragionando». Così almeno riteneva il segretario. In realtà, a stretto giro sono arrivate le critiche di tutte le organizzazioni dei lavoratori: « La via maestra per far risalire il Pil - ha sottolinea il segretario della Uil Domenico Proietti - è ridurre le tasse sul lavoro, non certo chiedere ai lavoratori di essere ulteriormente penalizzati rinunciando a una settimana di ferie». Proietti ha poi messo in dubbio i dati di Polillo: «I lavoratori dipendenti lavorano undici mesi all'anno. Non si sa a chi si riferisca il sottosegretario quando parla di nove». Non si fa certo mancare la replica della Cgil: «Un'uscita confusa, estemporanea e non particolarmente geniale e alla quale manca un naturale complemento: perchè non chiedere ai 500 mila lavoratori in cassa integrazione di rinunciare ad una settimana di indennità?», ironizza il segretario confederale Fabrizio Solari. Durissimo Giovanni Centrella, segretario generale della Ugl: «Con la bufala di Polillo - ha detto - il governo ha toccato il fondo». Anche il mondo politico, tra gli stessi partiti che sostengono la maggioranza, non ha apprezzato la proposta. A levare gli scudi più in alto è stato il Partito Democratico. «Ci vorrebbero meno dichiarazioni e più proposte concrete», ha tagliato corto Rosy Bindi. «È un'idea che danneggia il settore del turismo», ha puntato il dito Armando Cirillo. Una serie di attacchi che ha spinto il sottosegretario a intervenire su Twitter. Dove, però, non ha fatto marcia indietro: «Basta piagnistei - il suo post - l'alternativa è tra un'ulteriore riduzione dei consumi o lavorare tutti un po' di più». L'idea di Polillo, peraltro, non è una completa novità. Da Berlusconi a Padoa Schioppa erano stati già diversi i leader politici che avevano criticato le troppe festività e i giorni di riposo degli italiani. Una delle massime teoriche di questo argomento era stata proprio la moglie dell'allora ministro dell'Economia del governo Prodi. Nel 2004, Fiorella Kostoris Padoa Schioppa aveva concesso un'intervista al Sole 24 Ore in cui sosteneva che con una settimana di lavoro in più all'anno si poteva aumentare il Pil dello 0,3/0,4%. Con Polillo, questa cifra ha toccato l'1%. Colpa dell'inflazione? Chissà, ma non è solo questo l'unico numero da verificare tra quelli elencati dal sottosegretario. Per quanto riguarda i giorni lavorativi in Europa, infatti, la fonte attendibile più recente è il rapporto Working time developments pubblicato nel luglio 2011 da Eurofound, organismo della Ue. I dati si riferiscono al 2010 ma dovrebbero essere ancora attuali. E le sorprese sono tante. A partire dagli italiani, che non sono affatto fannulloni. Secondo il rapporto, infatti, nella penisola si lavora mediamente 38 ore alla settimana. Più della «stakanovista» Germania, che si ferma a 37,7 ore, o della Francia, appena 35. Proiettando il dato sui dodici mesi, si contano 1.694,8 ore di lavoro in Italia contro 1.658, 8 dei tedeschi. Al netto di ferie pagate e feste comandate. Le feste, appunto. Il rapporto smentisce un'altra leggenda. In Italia le giornate consacrate al riposo, domeniche escluse, sono 9. In Germania 10, in Spagna 14. Peccato che simile impegno non si traduca in altrettanto onorevoli risultati. Fatta 100 la produttività media dei lavoratori della Ue, nel 2010 in Italia ci si ferma a 101,5 mentre la Germania vola a 123,7. Si lavora tanto e male, quindi. Forse per colpa di troppe pause caffé, ma anche di mezzi vetusti che non consentono al lavoratore di esprimersi al massimo. Questa poca produttività si rispecchia poi nel livello dei salari: gli italiani guadagnano mediamente 26.181 euro lordi all'anno, i tedeschi 42.400. Un divario troppo ampio per prendersela con dichiarazioni dei redditi «fallaci». Lavorare tanto, quindi, non è automaticamente sintomo di un'economia florida. Chiedetelo alla Grecia. Nel 2010 gli ellenici sgobbavano più di tutti: 40 ore alla settimana. Eppure sanno tutti com'è andata a finire.

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