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Varato il piano salva-banche. Ma Madrid è sull'orlo del baratro

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Macontinua a non chiedere l'aiuto della Ue nella speranza di negoziare condizioni più favorevoli rispetto a quelle imposte a Grecia, Portogallo e Irlanda. Certo non potrà aspettare l'entrata in vigore del piano salva-banche varato ieri dalla Commissione Ue. Una proposta di direttiva destinata a entrare in vigore, nella migliore delle ipotesi, tra un anno, che rappresenta comunque un passo cruciale verso l'Unione bancaria Ue. E soprattutto una svolta destinata a fermare un'emorragia di denaro pubblico per il salvataggio delle banche in crisi costata ai contribuenti europei, negli ultimi tre anni, 4.500 miliardi, cioè il 37% del Pil dell'Unione. Entro due settimane, grazie alle valutazioni di Fmi ed esperti indipendenti, Madrid saprà con esattezza quanto dovrà sborsare per mettere in sicurezza non solo Bankia, ma anche gli altri istituti in gravi difficoltà. E a quel punto deciderà se chiedere o meno l'aiuto del fondo salva-Stati Efsf, una mossa che il governo di Rajoy sembra voler evitare a tutti i costi. Al momento però alternative non ce ne sono. Madrid avrebbe però avviato una serie di contatti per cercare di modificare la situazione. Nella speranza di un'intesa politica «creativa» con i partner Ue per salvare le banche spagnole senza sottoporre il Paese alla gogna dei piani draconiani di risanamento imposti a Grecia, Portogallo e Irlanda in cambio degli aiuti internazionali. «Bisogna mantenere il sangue freddo, adottare misure urgenti per affrontare i casi di Spagna e Grecia, ma allo stesso tempo disegnare il futuro» per evitare il ripetersi di queste situazioni, ha detto Barnier che vuole chiudere l'epoca del «too big to fail» (troppo grande per fallire) in una realtà costituita da 8.300 banche e da tantissimi gruppi che operano al di fuori del Paese d'origine. Un «passo fondamentale verso l'Unione bancaria», ha sottolineato il presidente della Commissione Manuel Josè Barroso. Quando sarà definitivamente approvata, la direttiva fornirà ai governi, attraverso un rafforzamento della vigilanza e dei poteri d'intervento, gli strumenti per prevenire - ed eventualmente gestire - le crisi predisponendo appositi piani. Ma anche, ad esempio, rimuovendo il management e nominando un amministratore straordinario. E soprattutto evitando di scaricare sui contribuenti i costi di ristrutturazione che dovranno invece essere coperti da 'fondi di risoluzionè nazionali appositamente costituiti e che potranno agire anche congiuntamente. Nel frattempo però la tempesta della crisi continua a soffiare sull'Europa e non risparmia nemmeno gli istituti di credito tedeschi. Moody's ha deciso di declassare sette banche tedesche.

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