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"Non si gioca alla lotteria coi soldi pubblici"

Il radicale Turco

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«La verità è che aveva ragione il suo direttore, Sechi». In che senso, scusi? «Non si costruisce una legge del genere nel "buio" delle commissioni, un simile provvedimento andava discusso senza veli, davanti all'opinione pubblica, per far capire a tutti di cosa si stava parlando». Non si è capito secondo lei? «Si è fatto passare il messaggio che i partiti stanno rinunciando a soldi loro. La colpa è dei mezzi di comunicazione, quasi tutti. A partire dalla Rai. Ma d'altronde è ovvio: i vertici li nominano proprio "loro"». "Loro" sono i partiti che ieri, alla Camera, hanno dato il primo sì al ddl che, di fatto, riabilita il finanziamento pubblico. "Lui" invece è Maurizio Turco, deputato dei Radicali eletto nelle fila del Pd. Durissimo con il disegno di legge. Il suo intervento finale ha fatto rumore. Ha evocato un nuovo referendum... «Il problema è che la votazione di oggi (ieri, ndr) ha pregiudicato il dibattito sulla riforma dell'articolo 49 della Costituzione, quello che disciplina la vita dei partiti. Sarebbe stato giusto discutere prima quello, e poi decidere quanti soldi concedere. Invece ora è passato il concetto di partito vecchia maniera, quello del finanziamento pubblico, quello dell'occupazione dello Stato. E non parliamo di come è stato fatto: con una fretta senza precedenti, costringendo il dibattito in due giorni perché qualche giornale potesse vantarsi di aver vinto la sua battaglia». E in più si è tradita la volontà popolare del 1993. «Vede, io non credo che i referendum debbano durare in eterno. Le cose cambiano, può anche tornare il finanziamento. Ma bisogna chiamare tutto col proprio nome, non mascherarlo come se si trattasse davvero di un "taglio". Invece in passato si davano ai partiti 49 milioni ogni cinque anni. Ora si è arrivati a 91 milioni in un solo anno». Ma qualcosa di buono nella legge ci sarà pure... «Il problema è che nessuno ha ancora letto il testo per intero. Ci sono state tante di quelle modifiche che alla fine ne è venuto fuori un guazzabuglio. Ora la palla passerà ai tribunali, chissà se questa legge sarà effetticamente applicabile». Si riferisce alla questione della Corte dei Conti? «Fin dal '93 è stata costretta a fare controlli molto blandi, basati solo su quello che dichiaravano i partiti. Ma questo non accadeva per caso: era il Parlamento a non dare i giusti poteri. Adesso che ha deciso di darli, vuole esautorare la Corte dei Conti che, per la Carta, sarebbe l'unico organo deputato a farli, quei controlli». Un disastro, quindi? «A livello di merito ci sono più ombre che luci. Se si guarda alla forma, vedo solo aspetti negativi». Concentriamoci su quelli. «Prenda il permesso di investire in titoli di Stato. Non si può dare mandato di giocare alla lotteria coi soldi dei cittadini. Belsito è stato criticato per aver investito a Cipro. Questa legge l'ha legalizzato: in fondo Cipro fa parte dell'Unione Europea. E poi, mi spieghi, che differenza c'è tra titoli, diamanti o immobili?Quelli non sono investimenti? Almeno si è introdotto il cofinanziamento: i partiti saranno spinti a cercare soldi anche dai privati... «Sempre pubblici sono».  Perché? «Perché,magari, a "foraggiare" i movimenti saranno Eni, Finmeccanica o quant'altro. Per quali motivi bisognerebbero chiederlo ai consiglieri d'amministrazione. Che sono nominati, guarda caso, dai partiti». Mi sembra che lei sia pronto alla battaglia. «L'abbiamo già annunciato. Quando la legge sarà passata anche al Senato cominceremo a raccogliere le firme, già a ottobre con l'Idv». Nessun ripensamento? «Ipartiti comincino ad abbandonare le poltrone nei cda degli enti pubblici, poi ne riparliamo».

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