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Michele De Feudis BRINDISI «Non brancoliamo nel buio.

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Ilprocuratore capo di Brindisi, Marco Dinapoli, è convinto di essere sulla buona strada per individuare il responsabile dell'attentato. «Le indagini saranno lunghe e complesse» ha puntualizzato, quasi in controcanto, Cataldo Motta, capo della Dda di Lecce. Le scintille tra toghe sono un effetto collaterale dell'iperattivismo degli inquirenti che ha portato, grazie a due video, ad un identikit del possibile autore del massacro, per il quale c'è l'imputazione: reato di strage. Gli investigatori dopo l'attentato non sono stati fermi un attimo. «Non abbiamo nemmeno dormito» conferma Alberto D'Alessandro, capo del servizio Volanti della Questura brindisina. I volti degli agenti erano stanchi ma pieni di speranza. La Questura è stata un porto di mare per tutta la notte, tra perquisizioni e ricerche delle immagini delle telecamere degli esercizi vicino alla scuola «Morvillo Falcone». E proprio dal video della paninoteca che si trova di fronte al cassonetto esploso sono arrivati gli elementi più preziosi. Per Dinapoli ci sono «immagini terribili, significative, che ci consentono di fare accertamenti mirati». Si riferiscono all'uomo che avrebbe azionato il congegno elettronico per far esplodere l'ordigno, con particolari anche sul posizionamento del bidone poi saltato in aria. Per il procuratore il passaggio delle studentesse ha innescato la bomba, con l'assassino «a una distanza tale da poter vedere la scena senza correre il rischio di essere investito dall'esplosione». A spingere il pulsante è stata «una persona isolata, in guerra con il mondo», documentata sia sulla viabilità della zona che sugli orari di ingresso delle studentesse, in possesso di cognizioni di elettronica tali da poter confezionare una bomba: «Il congegno non è particolarmente complesso ma non alla portata di tutti». All'ora di pranzo è arrivato per un sopralluogo nell'area piantonata di via Galanti il procuratore della Dda di Lecce, Cataldo Motta. Ed era scuro in volto. «Sono arrabbiato perché qualcuno sta lasciando spazio agli individualismi» si lascia scappare il magistrato che ha sgominato la Sacra Corona Unita, riferito agli inquirenti di Brindisi. Motta ha poche certezze: «L'attentato ha avuto modalità estranee alle tipologie in uso nelle organizzazioni mafiose locali, che hanno un'infinita disponibilità di tritolo. La mafia di questo territorio punta ad inabissare le proprie attività, insomma segue il metodo Provenzano, non quello di Riina...». A chi gli domanda se proprio da ambienti mafiosi possano arrivare segnali utili alle indagini, Motta ha replicato impassibile: «Qualsiasi aiuto ben venga». Nessuna pista va abbandonata, anche se interpretare la bomba come un avvertimento a qualche pentito è una ipotesi «abbastanza arzigogolata». «Terrorismo? Non si può escludere, ma la matrice sarebbe di una organizzazione non tradizionale» ha sentenziato il procuratore salentino. E sulla linea di Motta anche Pietro Grasso, della Procura nazionale antimafia: «Siamo nella delicatissima fase della raccolta degli indizi, stiamo esaminando tutte le ipotesi». Grasso ha spiegato anche la sua frase di sabato: «Con "terrorismo puro" intendevo affermare che, esclusa qualsiasi motivazione personale nei confronti delle vittime, non si può che arrivare alla conclusione che l'attentato abbia avuto un effetto di intimidazione generalizzata, sia che provenga dalla mafia o da un folle isolato o da una organizzazione eversiva».

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