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«L'annuncio di nuove elezioni in Grecia non cambia il quadro.

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Leparole del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, cadono come pietre in piena riunione dell'Ecofin mentre le agenzie di stampa rendono noto che le trattative per formare un nuovo governo sono fallite e il popolo greco dovrà tornare alle urne. «È una grave battuta d'arresto» tuona il ministro degli Esteri tedesco Westerwelle. Nulla cambia quindi per la Germania che mantiene dritta la barra della politica del rigore senza cedimenti. Schaeuble lo ha ribadito: c'è un programma concordato e Atene deve rispettarlo se intende continuare a far parte dell'Eurozona. Insomma niente sconti, nessun ammorbidimento dell'accordo sul consolidamento del debito greco e tantomeno la rivisitazione del fiscal compact. Berlino va avanti come un panzer forte dei dati sulla crescita che nel primo trimestre sono superiori alle stime (un più 0,5 per cento del Pil che segue il meno 0,2 per cento degli ultimi tre mesi del 2011) mentre il resto dell'area euro sprofonda nella recessione. L'uscita della Grecia dall'Eurozona viene data sempre più per scontata anche se il commissario Ue al mercato interno Michel Barnier ritiene che «è meglio per i greci affrontare difficoltà» in cui si trovano «in un contesto di disciplina e solidarietà europea che da soli». Per il ministro svedese Borg se la Grecia con il nuovo governo dovesse avanzare «richieste irragionevoli di rinegoziazione degli accordi, allora sarebbe davvero al capolinea». Il ministro dell'economia francese uscente, Francois Baroin, dà per inevitabile l'uscita della Grecia e fa i conti dell'impatto sulla Francia: costerebbe 50 miliardi netti in termini di prestiti persi e, a questo dato, è necessario aggiungere le perdite in termini di «titoli di stato in portafoglio a banche e assicurazioni» francesi. Secondo Baroin, il sistema finanziario francese «è assolutamente in grado di assorbire il colpo», ma un tale sviluppo comporterebbe un rischio «eccezionale in termini di contagio» e «porterebbe dubbi e senso di fallimento sui mercati». Incalza il ministro delle Finanze del Lussemburgo, Luc Frieden: non possiamo sempre tornare indietro sulle decisioni che abbiamo preso, nonostante l'austerità sia molto dura per la Grecia. Il tema della crescita continua a restare sullo sfondo nonostante il premier Monti, incontrando il presidente della Commissione europea Barroso, lo abbia rilanciato con insistenza. «È stata una riunione di lavoro molto costruttiva» hanno spiegato le autorità italiane al termine del vertice. È stata fatta una ricognizione delle ipotesi sul tavolo per rilanciare la crescita in Europa in vista del prossimo vertice del G8 che si terrà a Chicago e di quello fissato per il 23 maggio a Bruxelles tra i capi di Stato e di governo della Ue. E del vertice di Chicago Monti ha parlato con il presidente Usa Obama in una telefonata. Il premier Monti ha accettato di introdurre i lavori della I Sessione del G8 su «Economic and Global Issues» (temi economici globali) la mattina del 19 maggio. I due leader hanno passato in rassegna l'attuale situazione economica alla luce delle previsioni negative presentate la scorsa settimana dalla Commissione e dei risultati sull'andamento del Pil giunto dall'Eurostat, che ha segnalato, per l'Eurozona, una crescita zero nel primo trimestre dell'anno. Monti e il viceministro Grilli hanno confermato l'impegno a portare avanti l'azione di risanamento dei conti pubblici e il varo delle necessarie riforme strutturali. Dall'Ecofin e dal faccia a faccia Monti-Barroso però non è uscita nessuna decisione concreta sul tema della crescita. Si rinvia ancora e il nodo resta sempre quello della diffidenza tedesca alla golden rule, ovvero allo scorporo delle spese per investimenti dal calcolo del deficit. Il timore è che vengano camuffate per spese produttive, spese correnti. Significativo il fatto che ieri l'Ecofin non abbia affrontato nemmeno la questione dello scorporo dal computo del deficit, dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese. Monti e il viceministro Grilli lo avevano sollecitato ma hanno avuto solo una generica promessa dal tedesco Schaeuble a valutare eventuali proposte che «spetta alla Commisione presentare». «Ascolteremo ogni riflessione valutandola con grande serietà», ha sottolineato il ministro, che ha poi ricordato come l'Italia «con il governo Monti abbia fatto grandi progressi». Nessun risultato neppure sulla questione della tassazione del risparmio dei cittadini Ue non residenti. Per l'opposizione (attesa) di Lussemburgo e Austria, l'Ecofin non ha fatto passi avanti per dare alla Commissione europea il mandato di negoziare le modifiche agli accordi del 2004 con cinque paesi terzi tra i quali la Svizzera. A questo punto, però, la presidenza danese, con il consenso della stragrande maggioranza dei ministri, ha comunicato che il dossier passa ai capi di Stato e di governo, che ne dovrebbero discutere nella riunione straordinaria del 23 maggio. Il mandato per trattare con i cinque Paesi (oltre a Svizzera, Lichtestein, Monaco, Andorra e San Marino) richiederebbe alla commissione di usare l'ultimo testo di compromesso sulla direttiva come base per un negoziato. Il compromesso estende la copertura delle regole includendo non solo il reddito da interessi (come oggi) ma tutti i redditi da risparmio come da prodotti finanziari che generano interessi o redditi equivalenti. L'Ecofin risce invece a trovare un accordo di compromesso sull'applicazione delle regole di Basilea3. Grazie all'accordo la Gran Bretagna strappa la flessibilità che aveva richiesto per l'applicazione delle norme consentendo così a ogni paese di applicare «cuscinetti» di capitale aggiuntivi sulle banche per tenere conto delle situazioni locali. Le istituzioni europee, Commissione e Bce in testa esprimono qualche riserva mentre l'Italia, come spiega il vice ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, chiede di «maneggiare con cautela» l'intesa per evitare di mettere a rischio il mercato unico. Anche il vicepresidente della Bce Victor Costancio ammonisce a evitare «troppa flessibilita» nell'intesa.

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