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Più di 62 miliardi di spesa per beni e servizi. In testa le Regioni

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Èquanto afferma Eutekne, centro studi giuridico-economico di Torino, secondo cui dal 2000 al 2011 la spesa pubblica (al netto del costo del debito) evidenzia un incremento in termini reali di 124 miliardi di euro. Nel 2014, grazie alle manovre del 2011, ci sarà un riassorbimento, ma la crescita sarà ancora «rilevantissima: 109 miliardi di euro». «Se una parte rilevante di questo incremento è riconducibile alle dinamiche demografiche di invecchiamento della popolazione, ossia alla voce "protezione sociale", una parte altrettanto rilevante è riconducibile alla voce "consumi intermedi", ossia quella relativa agli acquisti di beni e servizi», spiega Eutekne. L'incremento in termini reali di questa voce, rispetto all'anno 2000, è di 62,5 miliardi sul 2011 e si mantiene di 57,5 miliardi sul 2014. Secondo il centro studi la scelta del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, di affidare a Enrico Bondi un incarico finalizzato proprio alla razionalizzazione della spesa di beni e servizi, nell'ambito del più ampio capitolo della spending review, «appare dunque centrata». «Resta il fatto che si tratta di un incarico destinato ad esplicarsi più nei confronti delle Regioni e degli enti locali che non dello Stato. L'82% della spesa per consumi intermedi - osserva Eutekne - è infatti riconducibile al conto economico delle amministrazioni periferiche e solo il 18% a quello delle amministrazioni centrali». Da questo punto di vista, «è lecito chiedersi perché il governo, prima ancora che pensare a commissari ad hoc, non sembri proattivo nell'accelerare ed eventualmente affinare la parte del progetto di federalismo fiscale». Dopo aver accelerato e ampliato la parte di progetto federalista che ha portato all'aumento dei tributi, occorre mettere in campo anche la parte che riguarda la spesa degli enti che, secondo il centro studi, «può veramente recare benefici importanti in termini di risparmio di costi della pubblica amministrazione, ossia quella dei costi standard». Intanto parte la fase due della spending review, quella che vede tra l'altro il commissario «risanatore» Enrico Bondi alle prese con gli sprechi e le inefficienze della macchina statale. Domani il ministro dei Rapporti con il Parlamento vedrà il manager. Non è detto però che sia già l'occasione per Bondi di presentare il programma di lavoro (così come previsto dal decreto legge) dal momento che il premier Monti e il viceministro al Tesoro Vittorio Grilli saranno impegnati all'Ecofin. Il «risanatore» di Parmalat dal giorno (il 30 aprile) in cui il Consiglio dei ministri ha ufficialmente avviato la spending review non è comunque stato con le mani in mano. Ha chiesto carte e indicazioni alla Ragioneria dello Stato, incrociato modelli utilizzati in passato per rimettere in sesto le finanze delle aziende con i dati e i profili della pubblica amministrazione. «Nell'ultima settimana - ha raccontato l'altroieri Grilli - è stato al ministero dell'Economia tutti i giorni e si è applicato al 100%. La sua sarà un'azione senza se e senza ma», perché Bondi è uno che «sa fare il suo lavoro», assicura il viceministro. A Bondi spetta infatti il compito di razionalizzare la spesa corrente: energia (dal riscaldamento alla benzina), telefoni ma anche carta, matite e penne sono fra le voci che sta passando al setaccio. L'obiettivo è individuare un prezzo standard e dire addio agli acquisti alla spicciolata in modo da evitare che uno stesso bene possa costare cifre molto diverse da Nord a Sud. Il supercommissario potrà però anche «collaborare», recita il decreto legge, con il ministro per i Rapporti con il Parlamento sul fronte della spending review nel suo complesso.

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