Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Camilla Conti Enrico Bondi.

default_image

  • a
  • a
  • a

Uncommissario straordinario per l'acquisto di beni e servizi della Pubblica amministrazione, un mister mani di forbice. La mossa a sorpresa è stata varata dal Consiglio dei ministri che ieri ha esaminato la spending review e la nomina di Bondi proposta dal ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda. Il commissario dipenderà direttamente dalla Presidenza del consiglio e dovrebbe quindi avere poteri speciali per mettere mano a una rapida riduzione della spesa (350 miliardi quella corrente). Di certo c'è che finora i pochi risparmi finora ottenuti sono la riduzione del 10% delle auto blu e il taglio delle competenze della Presidenza del Consiglio: 4 milioni di euro sui dipendenti, 12,2 milioni per gli uffici di diretta collaborazione, 2,3 milioni per le strutture di missione, 750 mila per consulenti, oltre alla contrazione dei voli di Stato pari al 92%, con un risparmio complessivo di 23,5 milioni. Bisogna accelerare il passo. «Vale più un ducato in casa che dieci spesi male», ha ripetuto spesso in questi anni il manager aretino. Una citazione del suo conterraneo Francesco Guicciardini, usata per rispondere a chi voleva che Parmalat usasse la cassa miliardaria per fare acquisizioni. Classe 1934, laureato in chimica, Bondi è il tecnico chiamato ad assistere un governo di tecnici, ma anche un manager nemico delle banche assoldato dal governo dei banchieri. Lo dimostra la sua gestione del post-crack di Collecchio: ha costruito un tesoretto da 1,4 miliardi con le cause vinte nei confronti dei creditori del gruppo, che ha lasciato con un utile 2010 da 282 milioni, per un fatturato da oltre 4 miliardi. Per gli istituti – che sulle cifre fraudolente di Tanzi avevano guadagnato fiumi di denaro – il conto pagato con transazioni e risarcimenti è stato più alto dell'eventuale condanna. Grazie anche alla cocciuta battaglia portata avanti da Bondi prima di arrendersi al blitz dei francesi di Lactalis. La leggenda del «santo risanatore» ha inizio nel 1993, alla Montedison dove arriva (dopo esperienze in Snia e in un'azienda della galassia Fiat) su chiamata di Enrico Cuccia a seguito del tracollo finanziario seguito alla tragica chiusura della vicenda di Raul Gardini. «Quando me l'hanno consegnata valeva 10 lire per azione», è solito ricordare Bondi che riuscì non solo a risanarla ma anche a farla diventare il secondo polo industriale italiano grazie anche al forte orientamento sull'energetica Edison di cui egli fu ispiratore. È lui, sotto la regia della Mediobanca di Vincenzo Maranghi, a cedere il 30% di Fondiaria posseduto da Montedison alla Sai di Ligresti, da cui sarebbe nato appunto il polo Fonsai, oggi sotto i riflettori per il tentativo di salvataggio portata avanti da Unipol. Siamo nel luglio 2001. Nel frattempo Montedison passa sotto il controllo di Fiat ed Edf. Bondi lascia perché viene chiamato al timone di Telecom da Marco Tronchetti Provera, che ha preso il controllo del gruppo telefonico dopo l'era Colaninno e la super Opa da 100.000 miliardi di lire. Ci rimane per soli 13 mesi: a fine agosto del 2002 il manager aretino diventa amministratore delegato di Premafin, la holding dei Ligresti che ha il controllo della nuova Fondiaria-Sai. Ma non dura tanto. Lascia il 24 gennaio 2003. Nel dicembre 2002, mentre è in corso la crisi Fiat, Maranghi lo vorrebbe anche alla guida del Lingotto ma la sua nomina è stoppata dalle altre banche creditrici del Lingotto (Intesa, Capitalia e Unicredit). Nella primavera del 2003 viene chiamato dalla famiglia Lucchini per gestire la ristrutturazione del gruppo siderurgico. Nei mesi successivi viene nominato presidente e ad della Lucchini. Finché non scoppia il caso Parmalat. Ai primi di dicembre del 2003 viene chiamato da Calisto Tanzi alla guida del gruppo di Collecchio. Quando la società viene dichiarata insolvente, Bondi viene confermato alla guida del gruppo come commissario straordinario e per un breve periodo diventa anche presidente della squadra di calcio del Parma. Un lungo curriculum di risanamenti, salvataggi e ristrutturazioni di gruppi in difficoltà, ultimo in ordine di tempo l'ospedale San Raffaele di Milano travolto dall'inchiesta giudiziaria sul fondatore Don Verzè. Il premier Monti si affida dunque all'uomo delle clamorose ripartenze. Prima la chimica e l'energia, poi negli ultimi due anni i telefoni, le polizze, il latte e lo yogurt. Ora l'Italia. Privo per sua stessa ammissione di «esperienza in scienze economiche», Bondi ha sostenuto di aver voluto declinare nella sua esperienza manageriale i valori delle Lezioni americane di Italo Calvino - «Leggerezza, rapidità, senso dell'equilibrio, visibilità e coerenza», adattandoli però alle logiche del business. Ma è una citazione da "Le città invisibili" che Bondi dovrà tenere a mente in questa missione: «D'una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda». Gli italiani chiedono meno tasse e più tagli alle spese della casta. Altrimenti faremo la fine della Parmalat.

Dai blog