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L'idea dei centristi può servire al Paese

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PierFerdinando Casini

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La prima vera risposta alla crisi dei partiti e, più in generale, a quella della politica l'ha data Pierferdinando Casini con la tempestività degna di uno scattista. Il leader dell'Udc ha proposto alla propria classe dirigente nazionale e periferica un percorso accelerato che partendo dall'azzeramento della struttura organizzativa del partito punti alla formazione di un nuovo soggetto in grado di interpretare al meglio il desiderio travolgente del paese di una politica nuova e più alta. Un percorso breve, naturalmente. In termini concreti Casini, senza rimuovere ciò che è stato in questi ultimi vent'anni (la pacatezza e la sobrietà dei comportamenti e politiche economiche e sociali orientate allo sviluppo e al risanamento dei conti pubblici) sa che l'Udc può essere il seme di una nuova fioritura politica. Per seminare bene ha bisogno, innanzitutto, di aprire il partito a quanti abbiano voglia e passione di fare politica offrendo ai vecchi e ai nuovi militanti una stagione democratica di partecipazione e di collegialità. Questo è uno dei punti dirimenti dopo il disastro leaderistico degli ultimi 20 anni con i guai sotto gli occhi di tutti. Una democrazia interna che rifugga dall'assemblearismo populista e respinga la solitudine del comando di uno solo. Nei partiti c'è bisogno di una democrazia tranquilla con organi collegiali che discutono e trovano quel minimo comune denominatore smarrito in 20 anni di bipolarismo muscolare. Apertura a tutti e collegialità nel governo di un partito nuovo non si esaurisce in un "ressemblement" di personalità, vere o presunte, immerse in un genericismo politico non riconoscibile e perciò privo di "appeal" verso i tantissimi giovani, donne e uomini alle prese "con la fatica del campare", come avrebbe detto il grande Eduardo De Filippo. Il tramonto dei partiti personali e il drammatico distacco del paese verso i partiti e le istituzioni democratiche richiedono il ritorno alla qualità fondamentale della politica, quella di una cultura di riferimento con la quale affrontare i problemi di una società italiana ed europea in grande affanno. Il dramma italiano di un lavoro che manca, di un debito che negli ultimi 20 anni è aumentato di 22 punti di Pil e di un credit crunch, ha come fonte principale, quel capitalismo finanziario che ha messo in ginocchio l'economia reale chiudendosi in un meccanismo autoreferenziale che con i soldi si limita solo a fare più soldi abbandonando il ruolo di infrastruttura al servizio della produzione di beni e servizi. Se questa è la fonte principale delle turbolenze finanziarie ed economiche nazionali ed internazionali, è lì che si deve intervenire innanzitutto ridisciplinando i mercati finanziari e orientando la grande liquidità internazionale verso l'economia reale piuttosto che verso la speculazione con le scommesse su tutto. Un compito gravosissimo per il quale la storia e la natura del cattolicesimo politico così come si è incarnato in Italia e in Europa, è la cultura riformatrice più autorevole per sconfiggere la finanziarizzazione dell'economia. Ed è questa cultura che Casini vuole recuperare in maniera chiara e visibile nella consapevolezza che ad essa, però, va aggiunta anche la grande cultura liberaldemocratica del paese con la quale è possibile trovare e consolidare quel minimo comune denominatore che diffonde, ad un tempo, senso di appartenenza e proposta di governo. Non è, dunque, un maquillage del suo partito che Casini cerca, ma postula una nuova modernità che non può prescindere da una cultura politica, dalla collegialità nelle decisioni e da una selezione di una nuova classe dirigente che si innesti sul troncone storico di un partito che ha resistito, in questi anni, alle sirene e alle lusinghe di Prodi prima e di Berlusconi poi senza sguaiatezze e senza nervosismo. Una strada tutta in salita come si vede terminata la quale a giovarsene potrebbe essere innanzitutto il Paese.  

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