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Un'altra strage senza colpevoli

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Il pm getta la spugna: «Dopo 38 anni speranze limitate di arrivare alla verità»

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Comel'Italicus. Come Ustica. Anche la strage di Piazza della Loggia sembra avviata a non avere alcun responsabile. La Corte d'assise d'appello di Brescia, dopo quattro giorni di camera di consiglio, ha infatti assolto Carlo Maria Maggi, Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte e il generale dei carabinieri Francesco Delfino nel quarto processo per l'attentato avvenuto nel 1974. In primo grado, il 16 novembre 2010, erano stati assolti con formula dubitativa. Nei confronti del quinto imputato del processo di primo grado, il fondatore di Ordine Nuovo, Pino Rauti, anch'egli assolto, non era stato presentato ricorso da parte della Procura ma solo da due parti civili. Per le quali c'è anche la beffa di dover anche pagare le spese processuali. I pm Roberto di Martino e Francesco Piantoni avevano chiesto l'ergastolo per il medico veneziano, ex ispettore di Ordine nuovo per il Triveneto, Carlo Maria Maggi, per l'ex ordinovista Delfo Zorzi (che da tempo vive in Giappone dove ha preso la cittadinanza), per l'ex fonte dei servizi segreti Maurizio Tramonte e per il generale Francesco Delfino, all'epoca capitano comandante del Nucleo investigativo dei carabinieri di Brescia, che secondo l'accusa sarebbe stato al corrente di quanto stava per accadere e non lo avrebe impedito. Una sentenza che ha il sapore amaro della resa. Sensazione avvalorata dal commento a caldo del pm Di Martino: «Dopo 38 anni le speranze sono limitate. Fatti del genere andavano accertati all'epoca». Il procuratore sa di avere fatto tutto quello che era possibile per accertare la verità: «È dal 1993 che ci occupiamo di questi fatti che hanno assorbito una parte non indifferente della nostra vita professionale - spiega - Il senso di impotenza? Non è di oggi. I processi hanno una fine fisiologica e dopo 38 anni... Manca ancora un terzo grado di giudizio. È evidente che le speranze sono limitate. Noi però non abbiamo lavorato per niente. L'importante è che ci sia un risultato storico. Mi auguro che le motivazioni possano dare risposte parziali che non potranno ovviamente essere in punto di responsabilità personale. Me lo auguro per i familiari delle vittime. Hanno diritto ad avere un perchè». Anche se il pm è ben consapevole che «più passa il tempo, più la realtà processuale e quella storica si avvicinano. E poi metà dei testi sono morti e le carte ormai sostituiscono le voci delle persone». La strage di Brescia avvenne alle 10.12 del 28 maggio 1974. Una mano, ancora ignota, mise una bomba in un cestino dei rifiuti di piazza della Loggia dove era in corso una manifestazione antifascista indetta dai sindacati. Il bilancio fu di 8 morti e 102 feriti. Nel 1979 la Corte d'assise di Brescia condannò all'ergastolo Ermanno Buzzi e a 10 anni Angelino Papa. Nel 1981 Buzzi fu strangolato dai neofascisti Tuti e Concutelli nel carcere di Novara: il 2 marzo 1982 la Corte d'assise d'appello di Brescia assolse tutti gli imputati, compreso Papa, e le motivazioni, riferendosi a Buzzi, lo definirono «un cadavere da assolvere». La vicenda della strage di Piazza della Loggia vedrà altre due inchieste e, nei vari gradi di giudizio, altre otto sentenze, compresa quella di ieri. Ma la verità sembra destinata a rimanere confusa nella nebbia che avvolge la stagione delle stragi in Italia. «È prevalso il garantismo dei giudici in un processo indiziario» ha dichiarato Zorzi. «Si spazza via una tesi basata sulla vulgata che voleva il generale Delfino "lavatore della piazza" e come colui che mandò Ermano Buzzi nel carcere di Novara; non c'era uno straccio di prova», il commento dei legali dell'alto ufficiale dell'Arma a cui fa eco quello di Maggi: «Me l'aspettavo perchè sono assolutamente innocente, non c'entro con quella strage». Alla comprensibile esultanza degli imputati assolti fa da contraltare l'amarezza dei parenti delle vittime: «Razionalmente non mi aspettavo una sentenza diversa da questa. Credo però che questo sia l'epitaffio della vicenda giudiziaria su piazza della Loggia. Per questo è evidente che c'è grande amarezza, la consapevolezza che si chiude la possibilità di raggiungere la verità processuale su quello che è accaduto. Adesso non c'è più nulla» ha detto Alfredo Bazoli, oggi consigliere comunale a Brescia per il Pd, figlio di una delle vittime dell'eccidio.

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