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E la politica accelera per rendere i bilanci più trasparenti

Il presidente del Senato Renato Schifani

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Negli ultimi giorni Giorgio Napolitano ha avviato la sua moral suasion chiedendo ai partiti di "autoriformarsi". Il resto lo hanno fatto le cronache giudiziarie. Prima Luigi Lusi e i soldi sottratti alle casse della Margherita. Poi Francesco Belsito e la gestione familistica delle finanze della Lega. Insomma, non si può più aspettare. Anche perché il rischio è che questa valanga, appena iniziata, travolga indistintante tutti i partiti. Un po' come successe vent'anni fa durante la stagione di Tangentopoli. Ieri anche Gianfranco Fini e Renato Schifani hanno chiesto di non perdere più tempo e di lavorare per una legge che renda più trasparenti i bilanci delle forze politiche. E ora tocca ad ABC (Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani e Pier Ferdinando Casini) trovare una soluzione. Il vero punto su cui tutti riflettono è una semplice domanda: chi può controllare i partiti? La Corte dei Conti non può intervenire su soggetti di diritto privato. Occorrerebbe modificare l'articolo 49 della Costituzione trasformando le forze politiche in soggetti di diritto pubblico. Ma l'iter parlamentare per rivedere un articolo della Carta è troppo lungo rispetto alla necessità, avvertita da tutti, di intervenire al più presto. È per questo che spunta l'idea di una "Consob", un'Authority che verifichi l'uso dei soldi pubblici. Mentre sullo sfondo resta sempre la possibilità di imporre ai partiti di sottoporre i bilanci a società esterne di revisione. Il governo, a quanto si apprende, preferirebbe che, come per la legge elettorale, anche sulla trasparenza la politica si autoriformasse. Pur ammettendo, come ha fatto ieri il ministro della Pubblica Amministrazione Filippo Patroni Griffi, che «il tema è urgente». Dal canto loro, le forze politiche si danno appuntamento la prossima settimana al rientro dalla pausa pasquale. Scettico sull'Authority è il vicepresidente di Fli Italo Bocchino («non aiuta a fare presto e bene per garantire trasparenza») mentre il Pd è aperto ad ogni soluzione che possa risolvere presto la situazione. E in nome di una politica più pulita Fini ha lanciato due petizioni popolari per chiedere che non siano candidati i condannati anche in primo grado per truffa, corruzione, associazione a delinquere; e affinché i politici e i dipendenti condannati in via definitiva siano espulsi dalla pubblica amministrazione. Ma dal presidente della Camera è arrivato anche l'invito a voltare pagina sui rimborsi pubblici in tempi brevissimi, già prima dell'estate. Le iniziative legislative non mancano visto che solo a Montecitorio sono stati depositati 18 disegni di legge. Per questo la soluzione indicata da Fini, non contrario all'ipotesi di un decreto, è che la commissione Affari costituzionali «in stretto raccordo con il Senato, avvii subito la discussione per giungere ad un testo unico, possibilmente largamente condiviso, che potrebbe essere esaminato dall'Aula prima della pausa estiva». Meno favorevole al decreto, è Schifani perché essendo una legge presentata dal governo «rischierebbe di avere il sapore di una sconfitta della politica». Ciò nonostante anche il numero uno del Senato invita a fare in fretta: «In un contesto così delicato e oserei dire drammatico, la politica deve avere la capacità e la forza di uno scatto d'orgoglio che va dimostrato con i fatti. La questione dei rimborsi elettorali è reale ed è anacronistico anche il solo pensare al mantenimento dell'attuale legge. Dobbiamo voltare pagina». Attenzione però, avverte Casini, trasparenza non vuol dire abolizione del finanziamento pubblico: «Se aboliamo del tutto il finanziamento, Berlusconi il suo partito se lo farà, altri no. Io dico: quando i soldi non si spendono alla fine dell'anno, quelli in eccedenza vanno restituiti».

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