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"Leggina" salva Casini, Bertinotti e Violante

Il leader dell'Udc Pierferdinando Casini

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Siamo certi che alla fine rinunceranno. Che in un periodo in cui la parola più utilizzata è «sacrifici», non accetteranno mai il cortese gesto che l'ufficio di presidenza di Montecitorio ha compiuto nei loro confronti. Luciano Violante, Fausto Bertinotti e Pier Ferdinando Casini non hanno certo bisogno di qualche benefit, l'onore di aver ricoperto il ruolo di presidente della terza istituzione dello Stato basta e avanza. E possiamo solo immaginare l'imbarazzo di trovarsi, per colpa delle scelte di altri, a vestire i panni dei «privilegiati». Eppure è così. Tutto si è svolto ieri mattina, durante la riunione dell'organismo, presieduto da Gianfranco Fini, che raccoglie i vicepresidenti, i questori e i segretari della Camera (in totale 21 componenti). Ebbene, l'ufficio ha approvato a maggioranza una delibera che, però, ha tutte le sembianze di una legge ad personas. Breve prologo. Lo scorso anno il decreto legge 98, all'articolo 4, ha tagliato i benefit che spettavano, una volta cessato il mandato, a chi aveva ricoperto incarichi pubblici. Questi, insomma, non avrebbero più potuto usufruire di: «immobili pubblici, anche ad uso abitativo», «personale pubblico», «mezzi di trasporto o apparati di comunicazione e di informazione appartenenti ad organi o enti pubblici o da questi comunque finanziati». Lo stesso testo affidava a Camera, Senato e Corte Costituzionale, «nell'ambito della propria autonomia», il compito di «limitare nel tempo i benefici riconosciuti ai rispettivi presidenti dopo la cessazione della carica». Infatti qualcuno forse non lo sa, ma chi si è seduto sullo scranno più alto di Montecitorio e Palazzo Madama, terminato il proprio compito, poteva godere dei benefit «a vita». «Poteva» perché a febbraio il Senato è intervenuto fissando un tetto: non più «a vita», ma per un massimo di 10 anni. Tradotto, se Renato Schifani cesserà il mandato nel 2013, ne godrà fino al 2023. Ieri è toccato alla Camera. Ed è scoppiato il caso. Formalmente, infatti, la delibera presentata ai deputati ricalcava quella approvata dai senatori: benefit sì, ma solo per un decennio. Con un'eccezione. Per gli ex presidenti che hanno proseguito il «mandato parlamentare» nella presente legislatura o nella precedente, i 10 anni scatteranno a partire dal 2013. Il conto è presto fatto. Gli ex presidenti viventi sono 5: Pietro Ingrao (dal 1976 al 1979), Irene Pivetti (1994-1996), Luciano Violante (1996-2001), Pier Ferdinando Casini (2001-2006), Fausto Bertinotti (2006-2008). Il primo ha già abbondantemente superato il decennio di benefici e, soprattutto, è stato eletto deputato per l'ultima volta nel 1987. Anche Pivetti è oltre il termine stabilito e, complice cambio di occupazione, ha lasciato il Parlamento nel 2001. Restano gli altri 3 che, casualmente, rientrano tutti nell'eccezione prevista dalla delibera. Casini e Bertinotti avrebbero comunque potuto godere dei benefit fino al 2016, il primo, e al 2018 il secondo. Rispettivamente hanno quindi "guadagnato" 7 e 5 anni. Diverso il discorso per Violante che ha cessato il mandato nel 2001 ma che, grazie al fatto di essere eletto deputato nel 2006, manterrà il suo status. Insomma ai "cattivi" Ingrao e Pivetti niente, ai "buoni" Casini, Bertinotti e Violante ufficio, personale e auto blu fino al 2023, a spese della Camera. Il doppio trattamento non è piaciuto a Pivetti che attacca: «Dico grazie per una norma "ad personam" che punisce bersagli facilmente colpibili. Ma perché? Perché sono una donna, sono fuori dalla casta? La verità è che in questo clima forcaiolo tutto quello che colpisce il palazzo va bene, non si distingue il bersaglio». E comunque, aggiunge, «Non si tratta di un intervento per le mie tasche, io non prendo niente per me da quei benefit. Si tratta semplicemente di licenziare qualche persona, tagliare qualche posto di lavoro. Ma abbiamo l'idea che le persone, come nella Russia zarista, sono di proprietà del feudatario o abbiamo rispetto per i lavoratori?» Ma la norma ha spaccato anche l'ufficio di presidenza. Su 17 presenti il vicepresidente Antonio Leone (Pdl), dopo aver chiesto trattamento uguale per tutti gli ex presidenti, ha votato no assieme ad altri 6 colleghi. Ma per i segretari Gregorio Fontana (Pdl), Silvana Mura (Idv) e Guido Dussin (Lega) i voti contrari, compresi i loro, sarebbero stati solo 5. Il verbale della seduta è secretato ma da quello che filtra gli esponenti di Pd e Udc avrebbero votato a favore. «All'ordine del giorno la delibera non c'era - racconta Mura - ci è stata presentata all'improvviso senza che sapessimo di cosa si trattasse. Per fortuna ho chiesto di leggerla prima. Sembrava una cosa fatta per togliere benefici, invece gli unici tagli riguardano Ingrao e Pivetti. Il testo è un capolavoro, sono andati a cercare l'eccezione con il lanternino. Io, ovviamente, ho espresso voto contrario. E adesso, come già fatto, scriverò una lettera per lamentare questo metodo per cui, cose così delicate, vengono presentate all'ultimo minuto senza che si sappia di cosa si tratta». Che qualcuno volesse far passare il tutto senza troppo clamore? Ma no, sicuramente lo hanno fatto perché sapevano che, diversamente, Casini, Bertinotti e Violante non avrebbero mai accettato.

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