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Fiom in piazza contro Monti E Bersani non sa cosa fare

Pierluigi Bersani al convegno delle donne del Pd

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Il 9 marzo Antonio Di Pietro sarà in piazza con la Fiom. Nichi Vendola anche. I lavoratori si sostengono, inutile discutere. E Pier Luigi Bersani? La situazione del segretario democratico è più delicata. Una parte del Pd ha detto che ci sarà. Lo ha dichiarato il responsabile comunicazione del partito Matteo Orfini. Lo hanno dichiarato ieri i senatori Paolo Nerozzi e Vincenzo Vita. L'ex ministro Cesare Damiano non «vede motivi per non essere in piazza». E il responsabile economico Stefano Fassina dopo aver aderito entusiasta, ed essere stato duramente criticato, ha rimesso la decisione nelle mani della segreteria. Sul fronte opposto c'è invece chi sostiene che schierarsi a fianco della Fiom sia un errore anche perché quella del 9 marzo sarà una manifestazione contro il governo Monti che il Pd sostiene. Così Bersani per evitare l'implosione, ha deciso di prendere tempo: «Non parteciperemmo a manifestazioni contro l'esecutivo. Guarderemo la piattaforma, la segreteria discuterà». In realtà c'è poco da discutere. Infatti il comitato centrale della Fiom, proclamando lo sciopero lo scorso 14 febbraio, ha approvato all'unanimità un documento. Che non è certo un'ode a Monti e ai suoi ministri. «Il comitato centrale - si legge - considera non accettabili e sbagliate le scelte del governo italiano che si rifanno alla lettera della Bce, che non intervengono sulle ragioni che hanno prodotto la crisi, ma semplicemente tagliano lo Stato sociale, privatizzano e attaccano i diritti nel lavoro». Se poi qualcuno avesse ancora dei dubbi, può leggere ampi stralci della newsletter «Punto Fiom» uscita ieri e dedicata proprio alla manifestazione del 9 marzo. Cose tipo: «La riforma delle pensioni non può essere accettata». O ancora: «La scelta del governo di avanzare sulla strada della privatizzazione dei beni comuni, del welfare, dei tagli alla formazione e alla sanità, è in continuità con il governo precedente e in linea con gli obblighi imposti dalla Bce». Ergo, va contrastata. Insomma l'impressione è che Bersani abbia poco da scegliere. Anche perché in questo momento il segretario non può in alcun modo permettersi di irritare i montiani del suo partito (da Walter Veltroni a Enrico Letta) che sembrano aver preso il comando delle operazioni. Si vocifera, tra l'altro, che anche Massimo D'Alema non gradisca affatto la deriva anti-governativa. Il lìder Maximo teme uno scenario in cui il Pd si trovi costretto adandare ad elezioni con Bersani premier e un'alleanza con Sel e Idv. Per questo sarebbe nettamente contrario alla presenza di esponenti del partito in piazza con la Fiom. I Democratici sono sull'orlo di una crisi di nervi e c'è chi parla addirittura di una clamorosa scissione. In questo scenario l'unica salvezza per Bersani è proprio Monti. Ieri il segretario ha incontrato il premier a Palazzo Chigi ribadendo il proprio sostegno fino al 2013. Allo stesso tempo, però, ha chiesto che sulla riforma del lavoro si cerchi un'intesa con i sindacati. «Credo che mi abbia compreso» ha detto Bersani dopo il faccia a faccia. Ora non gli resta che farsi comprendere dal suo partito. Nic. Imb.

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